21/08/08

Il panettone di Novelli è il mio panettone

di Lobanowski 1

Stati d’animo a dieci giorni dall’inizio del campionato


Non sono tra quei tifosi che ad agosto, calciomercato e lista dei giocatori in rosa alla mano, sogna di vincere lo scudetto. Pur avendo la propria squadra in prima divisione (e vabbé, adeguiamoci, niente più C1). Non lo sono mai stato, mi pare di averlo già scritto. Solo una volta, l’anno del presidente Lioce, dello squadrone allestito agli ordini di GB Fabbri, sognai che avremmo spaccato il mondo, con gente in squadra proveniente da serie A e B. Ci salvammo a stento, in C1. Ma avevo 14 anni. E soprattutto fu colpa degli adulti che mi fecero credere che al posto del Foggia quell’anno sarebbe sceso in campo il Liverpool.

Di contro, così come non sogno allo stesso modo non mi deprimo se la mia squadra esce al primo turno in Coppa Italia contro un Barletta qualsiasi. Mentre scendevamo i tornanti del Montjuic, in una calda serata catalana, ancora negli occhi lo stadio col braciere, la piscina di Attolico e il sogno olimpico di Barcellona, eravamo aggiornati via sms sulla disfatta all’esordio davanti al pubblico dello Zaccheria dai compagni presenti nella Sud. Qualcuno di loro si è già lanciato in sentenze definitive: quello è scarso, quell’altro pure, l’allenatore è zemaniano.

Ora, è vero che l’appellativo basterebbe per una condanna al nostro personale Tribunale del Calcio, dove sugli scranni dei giudici siede la triade Puricelli-Caramanno-Burgnich, ma non mi faccio fregare. Novelli fa la zona (ma perché, c’è qualcuno che marca ancora ad uomo nel calcio? Se sì, ditemelo, che lo vado a vedere come il leone albino allo zoo di Barcellona), e “ammette” di aver imparato molto dal boemo quando questi allenava la Salernitana e il nostro mister si faceva le ossa con la primavera. Troppo poco: fuorigioco e 4-3-3 non mi bastano come elementi probatori. C’era un certo Pasquale Marino che fu accolto con le stesse trite e ritrite nostalgie (per qualcuno complimenti, per noi altri vere e proprie diminutio) e che addirittura osava schierare un per me folle 3-4-3. Roba da avere freddo ad agosto, per chi ama vedere il campo tutto coperto col più tradizionale 4-4-2. Sappiamo dove è finito Marino.

Per me non è questione di schemi o di fuorigioco (l’importante è aver tolto il patentino a Mimmo Caso, l’uomo che osò schierare dietro, in linea, alla ricerca del fuorigioco a centrocampo, ben sette giocatori a difesa di un 2 a 0 contro il Ravenna. Finendo per subire il pareggio in una giornata che ci consegnò alla terza serie, da allora ad oggi). A Novelli piace mettere in off side l’avversario. Ci può stare, non è il primo e non sarà l’ultimo. Conta l’equilibrio, l’intelligenza. Il saper gestire, amministrare una gara. E poi certi automatismi sono complicati da digerire, serve tempo. E che si sbagli il fuorigioco a Matera o contro il Barletta non m’importa, purché a Pescara, poi (anzi a Vasto) nessuno faccia scherzi.

Confesso, grosse illusioni non ne nutro, ma scorro l’elenco dei nomi in squadra e noto che proprio scarsi non siamo. Zanetti, Pecchia, Salgado, la verticale è da serie superiore. Mancino è un ottimo giocatore, corsa e fantasia. Coletti è un mediano sopra la media in C1 (ariecco! proprio non la digerisco la prima divisione). Se Rinaldi non si guarda allo specchio quando gioca è un ottimo centrale. Mattioli, quando stava altrove, era rimpianto. Ora che è tornato a casa è un brocco, per alcuni. Io poi scommetto su Troianello: uno che fa tanti gol e gioca bene in serie D e in C2, può far bene anche in prima divisione. Neanche il Pescador, uno che se gira infila almeno 16 palloni in porta durante la stagione, uno che avanti fa la differenza, inventa quando non riesci a sfondare (ce ne siamo già dimenticati, per caso?) sembra alleviare la disperazione di chi già parla di play out e Novelli a digiuno di panettone. E poi c’è Agostinone, uno che deve crescere, lo si dice ogni anno, ma per farlo deve giocare, e di certo col pallone ci sa fare, corsa, dribbling e piedi buoni.

Qualcosa, non poco, manca. Ad esempio la panchina è corta assai. Lisuzzo e l’ultimo arrivato Burzigotti completano la difesa: potrebbe bastare. Ma sulle fasce stiamo messi male: Colombaretti è un laterale inventato e Arno non pare essere entrato nelle grazie del mister, a sinistra ci mancherà tantissimo uno come Mora, e amen. Ma qualcosa va fatto. A centrocampo mancano cambi adeguati: troppo giovani Velardi e Colomba (soprattutto sconosciuti, magari sono pure bravi), impresentabile ai miei occhi il miracolato D’Amico, nulla sappiamo del rientrante Quinto (ma è infortunato? esiste?). Insomma, se ci scappa un infortunio o una squalifica stiamo messi male.

Le positività di un attacco che fa ben sperare e di una difesa che va solo puntellata, sono annullate dalle voragini nella rosa dei centrocampisti. Insomma, non m’esalto e non preconizzo disastri. Spero nella buona sorte e per farmi coraggio all’inizio di un’annata difficile (il girone meridionale, le trasferte che questa volta saranno trasferte vere, non come al Nord con più tifosi dei padroni di casa e soprattutto con tante, tantissime, che saranno vietate dall’Osservatorio) penso a quanto fossero quotate ad agosto scorso Sassuolo e Cittadella. Della prima non si conosceva nessuno (e i singoli continuano ad essere ignoti ai più, in una squadra dove il collettivo faceva la differenza). Della seconda giusto Coralli, perché era stato ad un passo dal Foggia l’anno prima. Insomma, spero in una piacevole sorpresa, in attesa che la società faccia qualche altro sforzo economico. Sforzo, sì, perché di Moratti da queste parti non mi pare ce ne siano. Qualcuno come Matarrese magari sì, ma i soldi che fa col mattone preferisce reinvestirli in speculazione edilizia. Io intanto l’abbonamento l’ho fatto. E allo stadio del masochismo non sono ancora giunto: preferirei mangiarlo con Novelli il panettone. Vorrà dire che a dicembre non ci sarà da fare l’ennesima rivoluzione.

p.s. c’è qualcuno che potrebbe ragguagliarmi su che fine ha fatto Campilongo? Quella meritata?

16/08/08

L’ingrediente segreto

di Lobanowski 2

Sistemati i conti con i ripescaggi (in B come in C2, con la vergogna-Avellino già nel dimenticatoio), chiusa d’imperio la trafila dei tribunali di mezza estate, i gironi della C1 sono stati sorteggiati. Sembrava non dovesse mai succedere. Il Televideo ha potuto inserire gli elenchi. Il telecomando scorre accaldato. Sono le 20. Stamattina ero a Girona, a diluire nell’ennesimo viaggio il passato timore dell’aereo. Da Girona ai gironi, in sostanza. Prima Divisione. Nuovo il nome, tradizionali i criteri. Dopo l’esperienza nordista, siamo di nuovo nel raggruppamento meridionale. Come ai vecchi tempi, il tagliacarte della Lega ha diviso l’Italia in due. Con l’eccezione di Arezzo e Pistoia. Due trasferte toscane, che quasi certamente ci verranno concesse. Perché il dilemma è questo. E il refrain del popolo si accoda. L’Osservatorio, le questure, lo stato d’emergenza continua (e in parte artefatto). Quali carovane potremo mettere in piedi? E per dove?Dicono che i barlettani avevano, in un primo momento, ottenuto il benestare per venirci a fare visita. Poi i cosentini hanno attaccato i senesi. E l’emergenza è salita ancora. Chi è stato allo “Zaccheria” contro i cugini d’oltre-Ofanto ha potuto accertare quanto sia inutile il calcio senza l’avversario diretto di fronte. Ma tant’è. “Ci concederanno Benevento, Foligno, Gallipoli e Potenza. Forse Lanciano. Forse Crotone. A loro rischio e pericolo”. Disamina pressoché inattaccabile. Il paradosso del girone B: trasferte più vicine, ma divieti e paletti ovunque. Tanto valeva farci tornare a Cremona. Tanto valeva farci conoscere Portogruaro. Scordiamoci Pescara, Taranto e l’intera Campania. Scordiamoci Terni e Perugia. Viviamo alla giornata. Tanto è impossibile prevedere cosa accadrà. Di sicuro ci sono quelli che, dopo un anno passato a ripetere blandamente che il girone A era più duro e ci era stato affibbiato con criteri punitivi (per impedirci di salire in B), che gli arbitri erano tutti del Nord (anche quando erano umbri o abruzzesi) e che le plutocrazie erano apertamente contro la foggianità, adesso ribaltano la frittata e parlano del nostro ritrovato habitat come d’un girone di ferro, dantesco e ribollente d’agonismo. E già rimpiangono le frescure di Sesto o di Busto. Eppure, a ben guardare il Nord, Cesena, Cremonese, Monza, Novara, Padova, Ravenna, Reggiana, Venezia e Verona non sono affatto avversarie rinunciatarie, ma serie, serissime pretendenti alla risalita. In definitiva, ci è andata bene. Non ci resta che attendere gli eventi. Assecondarli, magari, costeggiarli come un pendio garganico. Fatto sta che il calcio, come micro-episodio bellico simulato, non può e non deve fare a meno dei due eserciti che – stendardi e carriaggio alla mano – si fronteggiano minacciosamente, promettendosi vicendevoli mattanze. Dite che non è così? E allora provate ad assistere ad una partita del campionato statunitense. Magari in tv. E vi renderete conto di quanto il calcio somigli a certe ricette mangiate e rimangiate di cui sfugge sempre un ingrediente. L’ingrediente basilare, a ben pensarci. Quello che lo rende così diverso da tutto il resto. Bene, quell’ingrediente è la guerra. O la finzione della stessa. Non facciamo i moralisti, ammettiamolo.

Il Libro