16/08/08

L’ingrediente segreto

di Lobanowski 2

Sistemati i conti con i ripescaggi (in B come in C2, con la vergogna-Avellino già nel dimenticatoio), chiusa d’imperio la trafila dei tribunali di mezza estate, i gironi della C1 sono stati sorteggiati. Sembrava non dovesse mai succedere. Il Televideo ha potuto inserire gli elenchi. Il telecomando scorre accaldato. Sono le 20. Stamattina ero a Girona, a diluire nell’ennesimo viaggio il passato timore dell’aereo. Da Girona ai gironi, in sostanza. Prima Divisione. Nuovo il nome, tradizionali i criteri. Dopo l’esperienza nordista, siamo di nuovo nel raggruppamento meridionale. Come ai vecchi tempi, il tagliacarte della Lega ha diviso l’Italia in due. Con l’eccezione di Arezzo e Pistoia. Due trasferte toscane, che quasi certamente ci verranno concesse. Perché il dilemma è questo. E il refrain del popolo si accoda. L’Osservatorio, le questure, lo stato d’emergenza continua (e in parte artefatto). Quali carovane potremo mettere in piedi? E per dove?Dicono che i barlettani avevano, in un primo momento, ottenuto il benestare per venirci a fare visita. Poi i cosentini hanno attaccato i senesi. E l’emergenza è salita ancora. Chi è stato allo “Zaccheria” contro i cugini d’oltre-Ofanto ha potuto accertare quanto sia inutile il calcio senza l’avversario diretto di fronte. Ma tant’è. “Ci concederanno Benevento, Foligno, Gallipoli e Potenza. Forse Lanciano. Forse Crotone. A loro rischio e pericolo”. Disamina pressoché inattaccabile. Il paradosso del girone B: trasferte più vicine, ma divieti e paletti ovunque. Tanto valeva farci tornare a Cremona. Tanto valeva farci conoscere Portogruaro. Scordiamoci Pescara, Taranto e l’intera Campania. Scordiamoci Terni e Perugia. Viviamo alla giornata. Tanto è impossibile prevedere cosa accadrà. Di sicuro ci sono quelli che, dopo un anno passato a ripetere blandamente che il girone A era più duro e ci era stato affibbiato con criteri punitivi (per impedirci di salire in B), che gli arbitri erano tutti del Nord (anche quando erano umbri o abruzzesi) e che le plutocrazie erano apertamente contro la foggianità, adesso ribaltano la frittata e parlano del nostro ritrovato habitat come d’un girone di ferro, dantesco e ribollente d’agonismo. E già rimpiangono le frescure di Sesto o di Busto. Eppure, a ben guardare il Nord, Cesena, Cremonese, Monza, Novara, Padova, Ravenna, Reggiana, Venezia e Verona non sono affatto avversarie rinunciatarie, ma serie, serissime pretendenti alla risalita. In definitiva, ci è andata bene. Non ci resta che attendere gli eventi. Assecondarli, magari, costeggiarli come un pendio garganico. Fatto sta che il calcio, come micro-episodio bellico simulato, non può e non deve fare a meno dei due eserciti che – stendardi e carriaggio alla mano – si fronteggiano minacciosamente, promettendosi vicendevoli mattanze. Dite che non è così? E allora provate ad assistere ad una partita del campionato statunitense. Magari in tv. E vi renderete conto di quanto il calcio somigli a certe ricette mangiate e rimangiate di cui sfugge sempre un ingrediente. L’ingrediente basilare, a ben pensarci. Quello che lo rende così diverso da tutto il resto. Bene, quell’ingrediente è la guerra. O la finzione della stessa. Non facciamo i moralisti, ammettiamolo.

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