01/06/09

50 cent

di Lobanowski 2

Domenica 31 maggio, Foggia-Benevento 0-0

Rewind

50 centesimi per un imbuto bianco, di quelli piccoli, da salsa. Due bottiglie di vodka, che Patrizio ci fa il prezzo. Il trattamento. Tre bottiglie di Lemonsoda da un litro e mezzo. 3 euro a testa, spicciolo più, spicciolo meno. Quattro bottiglie d’acqua vuote in fila sulla lastra di plexiglass del banco. Operazione remix. L’imbuto si ingolfa di vodka liscia, il livello di liquido trasparente sale, fino ad un terzo della bottiglia. Poi è la volta della limonata. Serrare il tappo, agitare a lungo, chiudere in frigorifero. Non in freezer, che potremmo svegliarci con una brutta sorpresa. In ghiacciaia ci va il Borghetti, quello di sicuro non esplode. La borsa frigo la porta Giuseppe. Ci sarà da attendere, da dare una mano, da ingannare l’attesa. Attenderemo e daremo una mano. E berremo, per ingannare l’attesa. Tra gente col biglietto e gente che dovremo far entrare a viva forza, non saremo meno di venti.

Domani…

E quanta voglia hai di non cantar più! E quanta rabbia hai nel cuore!
Eppure sai che non cambierai mai, il nostro orgoglio non muore! Noi siamo polvere di stelle.


Saltano la selezione solo i Depeche Mode. Per il resto, dai Bull Brigade a Pino Campagna, la musica gonfia le casse e – ricavandosi una sensibile via di fuga – dilaga in strada, si diffonde lungo l’intero marciapiede e quello di fronte, dove i nonni ci indicano sorridenti ai nipotini in triciclo. Tutti alle prese con lo scotch, a srotolare la stoffa delle bandiere, a tirare e provare le aste. Quelle nuove, altissime e sinuose, e quelle vecchie, rozze e tarchiate. Tutti a centro pista a ballare, all’incrocio a rodare, con le macchine che strombazzano: “Che dite, ce la facciamo, ragazzi?”. “No, oggi perdiamo 3 a 1…”, rispondo. Quello se ne va imprecando senza ascoltare il seguito della frase: “…ma vinciamo 4 a 0 a Benevento”. Ci avviamo a mezzogiorno che sembriamo un piccolo plotone sfilacciato. Abbiamo un mezzo appuntamento sotto la Sud, per contribuire alla coreografia. Lungo corso Giannone, gli autisti al volante salutano. “Sai che colletta faremmo oggi se chiedessimo 50 centesimi per ogni colpo di clacson?”. Lello mi ha contattato alle 9:30. Mi ha detto che usciva a prendere un po’ d’aria. In casa non si regge, la tensione gronda dai muri. Jordan ci affianca a due passi dalla meta. Anche lui suona (gratis). “Dove cazzo stai andando?”, chiediamo. “Qua… - risponde, indicando uno spazio disabitato non meglio determinato fuori dall’abitacolo – non ce la facevo a restare a casa”. Il recinto della gabbia-Sud non è presidiato. Ci prefiltriamo da soli. Si, siamo una ventina, e ci accampiamo sulle transenne di sinistra. Il sole è nascosto da grosse nubi nere, ma si muore di caldo. I guardiani del palasport chiacchierano con le porte aperte. Diamo fondo alle bottiglie.

Si aggregano amici e conoscenti. Tiriamo fuori la prima bottiglia di plastica. Daniele mesce coi bicchieri di plastica trasparenti. Il giro, uno per volta, fino a che tutti hanno tra le mani una dose di liquido giallo e può partire il brindisi. Le aste sono adagiate. “Alla vittoria!”. Primo sorso, refrigerante. Il secondo, di gusto. Enzo s’inerpica sulle transenne e fa partire il primo coro. Se questo è l’effetto, c’è da giurare che alla fine della scorta di mistura saremo stesi a rimirar le stelle. È troppo forte questo amore che provo per te, Foggia tu sei per me. Il terzo sorso svuota il bicchiere. Ottimo, magari un po’ troppo leggero, dice Ceska. “Te l’ho detto che ci siamo andati piano con la vodka”. Poi un dubbio. Lo sguardo che cerca nella borsa frigo: una, due, tre, quattro bottiglie sigillate. Com’è possibile? Un’occhiata agli altri, che cantano arrampicati sulla ferraglia: Il Foggia è tutto per me, Il Foggia è tutto per me. E ancora la voce di Ceska che risale: “Ci siamo andati piano con la vodka”. Un dubbio, tremendo. Un sorso, a mo’ di biopsia. “Uagliù – c’è da dare la notizia, per quanto possa fare male – vi state bevendo limonata a crudo!”. Sgomento. Un delirio scatenato da due sorsi di Lemonsoda. Gli sguardi imbarazzati si rincorrono. “L’avevo detto io”, prova a discolparsi qualcuno. Ma il dato resta. Enzo si siede: “Questa è da scrivere”. E scriviamolo pure. Scriviamo di venti foggiani ubriachi sotto la Sud alle 12 per una miscela analcolica. Oggi l’adrenalina fa più della vodka. E sotto col primo bottiglione.

Siamo belli, non c’è storia. Accampati, come ad una pasquetta, fuori da quella struttura che a tutti ricorda qualcosa di paterno. O di materno. Belli. Lo penso mentre, con Jordan che s’è appena operato al setto nasale e parla come un cinese, mi allontano per andare a recuperare altro gin e vodka. Cantano, quei meravigliosi folli. Sono le 13:30 e vanno avanti da un’ora. Mattia e Guido sventolano. Adoro questa gentaglia. Al ritorno sono fuori dai recinti. Ricacciati indietro dalle impellenze degli steward. In fila con gli altri. E cantano.

E quanta voglia hai di non cantar più! E quanta rabbia hai nel cuore!
Eppure sai che non cambierai mai, il nostro orgoglio non muore! Noi siamo polvere di stelle.


Dentro qualcuno barcolla. Blocco, fare blocco!La curva è carica, e nella mia testa ondeggia. C’è un frastuono giapponese, da coppa Intercontinentale. Un brusio sconclusionato che si fa marea di sillabe. Nicola crolla sotto il sole. Spalla a spalla, ognuno al suo posto. Blocco, fare blocco! Sono le quattro, stanno per cominciare i playoff. Ma non abbiamo alcuna speranza di vederne più di qualche brandello. Mi arrivano lastroni di cartone rosso, per la scenografia. Ne smisto un paio, ne faccio cadere una ventina. Raccolgo, ricadono. Non è cosa. Delego. Di fronte, i beneventani con i palloncini. Non mi va neppure di guardarli. C’è troppo da fare. Squadre in campo, lo intuisco dal frastuono. Cala il bandierone. Il segnale. Tutti coi cartoncini al vento. Un sol levante. Rossonero. Poi la bolgia. Non si capisce granché, è difficile anche seguire il senso logico d’ogni singolo coro. Una confusione che si fa sistema. Mani che battono, pezzi di canzoni nell’aria. Del primo tempo non vedo nulla.

La ripresa non è molto diversa, anche se sono in buona posizione per vedere Mancino sparare alto, prima, e sul portiere in uscita, poi. Uno dall’alto mi dice che, se non faccio smettere di sventolare il bandierone, scende giù lui. Io rispondo che può scendere. Quello ripete il suo concetto. Io ripeto il mio. Non se ne fa nulla. Zero a zero, inevitabile. A fine gara, nel silenzio della Sud che si svuota, sento il primo coro beneventano. Per me, è come se fossero entrati in quel momento. Dedicano un inno ai tifosi del Savoia, loro gemellati. Uno sgarro imperdonabile. Qualche schermaglia verbale, che fingono d’ignorare. E una certezza che si fa carne: domenica ci saranno due partite da vincere. Noi partiremo per vincere la nostra. Dell’altra, in fin dei conti, non saprei che dirvi.

3 commenti:

NicKappa25 ha detto...

"Uagliù – c’è da dare la notizia, per quanto possa fare male – vi state bevendo limonata a crudo!".Ahahahahahhaha......:-)
Bello come sempre il racconto.
FORZA FO'!

Anonimo ha detto...

UNA PROPOSTA PER VOI "CIURMA ANEMICA":

perchè non partecipate ai Mondiali Antirazzisti di Casalecchio di Reno (Bo)? Nessun gruppo foggiano vi ha mai partecipato ed è una manifestazione bellissima.
Inutile dire, e lo sapete benissimo anche voi, che siete gli unici a foggia che potrebbero prender parte ad una manifestazione come questa.

http://www.mondialiantirazzisti.org/mondiali/index.php?option=com_frontpage&Itemid=1&lang=it

Anonimo ha detto...

Ci siamo appena stati. Bellissimo, sul serio.

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Ciao,
Francesco

Il Libro