15/02/11

Nota sul divieto carnevalesco

E ti scoraggi. Pensi che era tutto pronto. Il furgone, le bandiere, le uscite autostradali. Gli svincoli dove incontrare gli amici, i nostri moderni emigranti. Da Bologna, da Roma. L’adrenalina sottopelle, quella dei chilometri, dell’abitacolo carico di fumo e urla, di discorsi sovrapposti e spezzettati, di Borghetti nei bicchierini di plastica in plastica planata da una fila all’altra, che cade sui pantaloni di quello che sta avanti. E le bestemmie. La musica, i giornali spiegazzati, i panini, l’autogrill. Non vedevo l’ora, mi dicevo, e non stavo davvero nella pelle. Come quella volta prima di Ancona in treno speciale. Come quel quindicenne che ero. Ma come può una Viareggio qualsiasi paragonarsi alla Napoli del 3-3, quando eravamo in A?, mi dicevo, fino a dieci minuti fa. E mi rispondevo che nella vita non sempre bisogna cercare risposte. Ieri Antonio me lo accennava per gioco: “Vedrai che vi vietano pure questa. Domani si riunisce l’Osservatorio”, ed io, sulle note di Battiato, rispondevo con ostentata sicumera (ma chi cazzo me la da poi sta sicurezza a me quando rispondo?) che l’Osservatorio si riunisce il giovedì, che questa volta ha già trattato lo spinoso caso di Esperia Viareggio-Foggia, in programma sabato, e proprio non ha trovato appigli per vietarcela. Poi è giunto l’essemmesse. Divieto di vendita ai residenti in Puglia. L’ha deciso il Prefetto di Lucca. E ti scoraggi. Ti cadono le braccia. L’adrenalina che sentivi (per una trasferta di merda, va detto) si trasforma in rabbia e scoramento. Vorresti mandare tutti al diavolo. Ma ti dici che bisogna razionalizzare. Scrivere, magari, per chi non leggerà. O chi, pur leggendo, non capirà. Seguiterà a non voler capire. Che la battaglia contro la Tessera è una battaglia di cittadinanza. Di libertà. Non solo il folkloristico tentativo di continuare, imperterriti, nella pratica di violare altri stadi. E la tranquillità della gente perbene, che per sua natura non sa, non vuole sapere.
C’è della perversione. Dell’accanimento.
Il fantoccio del Casms – Osservatorio o come diamine lo si voglia chiamare – strumento fittizio del Ministero degli Interni, come primo stadio di un processo repressivo. Vincolante solo nel propinare divieti. In caso contrario, ovvero quando neppure questo manichino storpio ravvede motivi d’ostacolare la libera gita fuori porta dei manipoli di cittadini italiani che intendono mettersi in marcia per seguire la propria squadra, subentrano le burocrazie locali.
E al burocrate, al prefetto, al questore, una vocina dissennata chiede se per caso, quella domenica (o quel sabato) ha voglia, genio di lavorare. Cosa risponderebbe un pizzaiolo chiamato a fare gli straordinari? Cosa un muratore al cantiere? Solo che pizzaioli e muratori vanno verso lo straordinario obbligatorio, e non possono permettersi di blaterare rifiuti, mentre questi servi dello Stato titolati possono permettersi il lusso – il decreto Maroni glielo concede, come se non avessero già abbastanza privilegi – di piazzarsi una mano sulla pancia, in luogo della coscienza, e dire che no, questo sabato non ci tengono proprio a schierare i propri dieci uomini in divisa per sorvegliare l’invasione di cento foggiani. Neppure nella città che sta per ospitare il Carnevale. Il lusso di respingere il lavoro che hanno scelto di fare. Quello per cui le tasse di questo popolo ottuso garantiscono lo stipendio mensile.
Facile il trucco. Perverso, deviato, eppure così banale.
A noi resta la rabbia. Una rabbia senza parole. Senza sponde, senza tutele. Circondati da individui lobotomizzati che, senza comprendere, continuano a salmodiare: “E fatevi la tessera!”.
L’abbiamo voluto noi questo isolamento? Forse, non discuto. Ed è il dramma di non riuscire a comunicare, fuori dalla cerchia dei tuoi, dall’abitacolo di quel furgone fumoso e rumoroso, il senso di mutilazione che si prova. Certo, dirà qualcuno, non sono questi i fatti seri. Appunto, allora convenite con me che questo accanimento non ha motivo d’esistere?
La passione. Quella pura, disinteressata, che ti porta a spendere tempo, soldi, voce. A sottrarre attenzione al resto. Sporcata da giochi di potere che con noi non hanno nulla a che fare. E il nostro patron? Il nostro addetto stampa che alza le alza i cartelli delle sostituzioni e, a comando, bacchetta la Juve Stabia e la sua dirigenza? Perché tacciono? Perché, difensori virtuali del calcio etico e sottocosto, non alzano la voce per dire che è una ingiustizia, di più, che è una merdata vera e propria quella che stanno compiendo sugli ultras del Foggia? Quella che costringe la squadra a giocare senza sostegno, mentre – buon per loro, per carità – ad altri è ancora permesso godersi il brivido minore delle passeggiate e dei cori? Una vendetta, premeditata, preordinata, contro quei duecento rompicoglioni che non sono corsi ai botteghini per barattare la propria dignità col sogno di una nuova Zemanlandia. Ecco cos’è. Perché non è normale – non lo è affatto – che Lucca, piuttosto che Pisa, piuttosto che Foligno, vengano individuate – con settimane d’anticipo! – come trasferte “ad alto rischio”? E dove sarebbe il rischio? Nella nostra presenza? Andate tutti a fare in culo!, questo verrebbe da dire, razionalità o meno. Ma in questi frangenti la necessità della lotta si fa ancora più pressante. Come l’adrenalina di cui sopra. Si stanno prendendo un abuso per piegarci, questi infami. Io scommetto ancora, oggi, che non ce la faranno. Ma ci quotano alto.

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