25/01/11

Pensierino della sera su tesserati, libertà di scelta e cose serie

Vittime e fautori di un frainteso senso d’esasperata libertà, i tesserati si trincerano dietro una presunta Scelta (con la maiuscola) per invocare un impalpabile rispetto delle opinioni di tutti.
La tessera diventa ai loro occhi – o coi loro occhi tentano di farcela diventare – un baluardo del relativismo. Non esiste ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, esiste il singolo, con le sue motivate decisioni; ed esiste il contesto, personale e sociale, che porta, affretta, sancisce decisioni.
Ogni vita fa il suo corso. Ogni corso va rispettato.
È strano e originale questo modo di ragionare, di approcciarsi al tema.
Non foss’altro, perché la libertà di scelta è, tra i falsi miti, uno dei più falsi.
Il commerciante non è libero di viversi la sua bottega uscendo dal mercato; il vignaiolo non è libero di prodursi il suo vino; il fumatore indigente non è libero di comprarsi due pacchetti di Lucky strike al giorno. Discutere di libertà, di scelta e di opportunità, è uno dei modi di fare accademia. Di perdere tempo. Inutile sbatterci la testa.
L’unica libertà brilla nel rifiuto. Nel consapevole rifiuto che rasenta il baratro. Nell’accettazione delle conseguenze di un “no”.
Altro che.

A Mirafiori il ricatto, caratteristica irrinunciabile e discriminante della nostra società, era ben più corposo. In ballo c’era la sopravvivenza. Del proprio lavoro, della propria famiglia, delle proprie convinzioni. Il “si” al cappio brandito da Marchionne – è parere comune – non era depositario di un briciolo di libertà. Nelle interviste, gli operai piegati ripetevano: “Non c’è scelta”. Come una salmodia, che li aveva spersonalizzati. L’assenso dinanzi ad un ricatto non è libertà, ma il suo opposto. E nonostante ciò, il 48% delle tute blu ha rifiutato. Ha rigettato la proposta offensiva del manager della Fiat, e si è ripresa la propria dignità, negando – di fatto – di barattarla con un posto di lavoro.
“Pensate ai fatti seri”, ci gridano appresso da mesi quelli che non comprendono il nostro sbraitare contro il decreto Maroni e le sue imposizioni.
Ed hanno ragione. In una scala valoriale, in un simile scenario di fiamme precarie, le nostre intemperanze verbali sulla questione devono apparire assai modeste. Finanche irritanti.
Ma l’uomo, si sa, non è mai così serio come quando gioca.

E se vuoi comprendere un uomo, devi vedere come gioca. Quanta passione investe in un semplice torneo di bocce; quanto sprezzo del rischio nel mettere a repentaglio una caviglia per una sfida tra scapoli e ammogliati; quanta grinta nel correre, da cinquantacinquenne, la maratona cittadina. Il gioco è la spia del carattere umano.
Non consiglieri mai a mia figlia uno che in campo non sia disposto a perdere niente. Perché chi non è capace di mettersi in gioco seriamente, nella vita “seria” farà lo stesso. Elevando a potenza la propria viltà, il proprio narcisismo vuoto, il proprio terzismo indifferente.
In altri termini: se sei corso a farti la Tessera di Maroni, sei un essere talmente poco etico che a Mirafiori non solo avresti votato come Marchionne, ma gli avresti fatto la campagna elettorale; e nella mia vita non voglio gente come te accanto.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

...mah, non concordo per nulla

Anonimo ha detto...

...e pazienza.

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