20/04/11

I mulini del signor C.

“Non dobbiamo fare polemica, non dobbiamo causare divisioni”. “È il momento dell’unità, questo”. “È il momento del massimo sforzo”. “I processi, se ce ne saranno da fare, li si farà alla fine”.
Non l’ho mai sopportata questa filosofia
I momenti dell’affratellamento forzato, della retorica da corpo unico, del serrate le fila. Sforzandomi, riesco a comprendere la luminosità del futuro che si apre, come scenario probabile, a ricompensa del sacrificio. A rivalsa del silenzio. Ma è il metodo che mi lascia perplesso.
Succede in ogni campo. Quando qualcuno si alza sulla cattedra, o s’affaccia dallo schermo in soggiorno, per annunciare che è il momento di fare cordone, di puntare lo sguardo al radioso domani per superare tutti insieme le vacche magre dell’oggi, io comincio sempre a sentire puzza di bruciato provenire dalla stiva.
Ma non voglio farla pesante. Più pesante del reale. Non voglio riempire queste righe di esempi altisonanti, buttarla in caciara facendo assumere ad ogni vicenda l’impeto eroico delle cose serie. In fondo, si parla di calcio. Di rappresentazioni culturali legate a questo. Tutt’al più. Nulla più di questo.

Sabato a Foggia arriva la Nocerina. Il Foggia è sesto, a 3 punti dal quinto posto, l’ultimo utile per giocarsi la promozione ai playoff. La Nocerina è invece al countdown per la promozione diretta, che potrebbe festeggiare proprio allo Zaccheria. Siamo in C1, o in Lega pro, come si dice oggidì. Girone meridionale. Un ambiente inadatto a signorini e anime belle. Un luogo dove giocare sporco fa parte del gioco. E dove, come per strada, nessuno se ne dovrebbe lamentare. Le regole sono quelle, da che mondo è mondo. Di idealisti che alzano la mano e richiamano l’attenzione della maestra, in questa categoria, non ne abbiamo mai voluti. E non ne vogliamo.
Ora: il Foggia, in condizioni limite, si gioca una fetta di stagione. Non può sbagliare. Foggia è una piazza passionale, scostante ma innamorata, e nelle occasioni che contano sa fare la differenza. In condizioni normali, con l’ansia del tutto per tutto che afferra la gola, la settimana santa che precede l’incontro avrebbe dovuto fungere da sacra rappresentazione: piccole provocazioni, impedimenti, ostacoli. Il Foggia, la società dell’US Foggia, avrebbe – in condizioni normali, ripeto, nel calcio scorretto e meraviglioso che ricordo bene – dovuto principiare una battaglia a distanza con gli omologhi nocerini tale da rendere il clima incandescente. La classica fornace nella quale arrostire l’avversario. Quindi: la schermaglia andava cominciata lunedì e proprio a partire dal seguito, dal supporto. I nocerini preparano un piccolo esodo. In scala, visto il calcio di oggi e le ristrettezze conseguenti: Tessera, percorsi obbligati, stadi non omologati per la reale capienza. Comunque sia, almeno mille nocerini si metteranno, sabato mattina, in marcia per Foggia. Ecco: bisognava – e in altri tempi più rusticani lo si sarebbe fatto – disseminargli il percorso di (metaforici, s’intende) chiodi. Dai cavilli burocratici ai costi proibitivi dei biglietti. Il messaggio avrebbe dovuto essere: noi ci giochiamo la B, e siccome la cosa ci preme più di ogni altra programmata a breve-medio-lungo termine, più di ogni trattato di buon vicinato (che non c’è mai stato, oltretutto), voi dovete togliervi di mezzo. Una società del genere sarebbe stata profondamente scorretta, profondamente meridionale, profondamente da Girone B. E, di conseguenza, profondamente apprezzata.

Invece, da queste parti qualcuno s’è messo in testa – sbagliando clamorosamente – che noi con questi mezzucci, con questa gente, non vogliamo averci niente a che fare. Come a sottolineare che siamo in queste lande, come diceva Battiato, solo di passaggio. Nomadi della terza serie, laddove la storia degli ultimi venticinque anni dimostra, numeri e frequentazioni alla mano, l’esatto contrario. Non solo. Il proprietario dell’US Foggia, che non mi va neppure di nominare, già due settimane fa, durante l’ennesima conferenza stampa bonapartista senza contraddittorio, si era rabbiosamente detto rammaricato di non poter ampliare la capienza dello Zaccheria per far fronte alle richieste dei tifosi della Nocerina, quantificati in duemila unità. Immaginiamo: duemila tesserati nocerini che partono alla conquista della promozione – che potrebbero tranquillamente conquistare tra uno o due turni – e bivaccano nel nostro stadio proprio nel giorno in cui noi ci giochiamo i resti. In questa serie ognuno porta acqua al suo mulino. Ora non resta che stabilire quale sia il mulino del nostro: il suo portafogli, da rigonfiare velocemente a suon di caro-prezzi e squadre raffazzonate ma giovani come vuole la Lega, o la promozione della sua, ma soprattutto nostra squadra? Perché, sembra chiaro, se l’obiettivo è il secondo, allora si rinuncia ad una parte d’incasso e si ostacola l’avversario con ogni mezzo a disposizione. Altrimenti, non resta che sancire che il nostro obiettivo e quello del patron divergono in maniera quasi antagonistica. Non si incita il Comune ad allargare il settore ospiti per giocare in trasferta la partita della vita, se si vuole andare in B. Lo si fa se si desidera fare cassa. Se si vuole andare in B si punta sulla piazza, sui tifosi. Ma, nonostante un poco invidiabile record di comunicati stampa, nessuna parola – dall’inizio della stagione – è stata riservata al trattamento che i non tesserati foggiani stanno subendo dall’Osservatorio: 15 divieti su 17 partite in trasferta, Viareggio e Foligno comprese. Ma questo non sembra un problema. Anzi, le uniche due volte che l’addetto stampa s’è fatto sentire, è stato per definirci “idioti” o “delinquenti”, all’indomani di multe che, con l’andare del tempo, la società avrebbe accumulato anche grazie ai distinti abitanti della tribuna o ai tesserati in pellegrinaggio. Il quadro sembra chiaro. La considerazione che riserva ai tifosi della squadra che ha “acquistato” è figlia di un sentimento complessivo di rivalsa nei confronti della città che gli ha voltato le spalle quindici anni orsono. Probabilmente non dimentica, lui, di essere andato via da Foggia mentre la Sud gli augurava un tumore e il resto dello stadio applaudiva, condividendo. Peccato che la stessa memoria lunga non ce l’abbiano i tifosi stessi, sdraiati al suolo a fare da scendiletto al vendicativo napoletano. E stamane, da ultima, la notizia che i nocerini saranno a Foggia pagando 10 euro di biglietto anziché 15, suona alle mie orecchie come l’ennesimo affronto. Come la summa sublime del disprezzo.

“Bisogna stare tutti uniti, non spaccare il fronte proprio adesso”, dicono gli strateghi. Ma io, sul serio, tra tesserati e vecchi e nuovi servi, non capisco proprio a quale unità fittizia facciano riferimento. Sabato sarò al mio posto, coi miei fratelli e gli amici, a sostenere la squadra della mia città verso una vittoria importante, sul campo, e ancor di più a contribuire all’inevitabile vittoria sugli spalti. Perché delle manovre, delle speculazioni, dei retroscena, non voglio sentir parlare. Quelli di fronte sono campani, rivali di sempre. Mi basterà quello per cantare ancora. Ma non venitemi a dire che siamo tutti sulla stessa barca. Perché, semplicemente, non è così.

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