07/10/12

A chi interessa? A chi manchiamo?


A dimostrazione della serenità manicomiale che dirige e sovrasta le nostre vite appassionate, possiamo ben dire che la nostra trasferta immaginaria è cominciata il 18 di settembre. Sul monitor di un pc. Il sito dell’Osservatorio. F5. Aggiorna. Di continuo. Niente. Il 19 è venuta fuori una prima determinazione. No, Bisceglie non è tra le partite giudicate “ad alto profilo di rischio”. E vorrei ben vedere. A dicembre abbiamo giocato in amichevole al “Ventura” e la cosa ci è passata sostanzialmente inosservata. In campionato non ci incontriamo da una cinquantina d’anni, più o meno. Non è vietata. Ed è un buon segno, anche se non definitivo. Del resto, mancano quasi venti giorni. L’ente creativo generato dal Ministero si riunirà ancora. Il 26. L’elenco di divieti, anche stavolta, non ci riguarda. La dispensa n.34 sancisce che i casertani non potranno andare a Sassari, gli anconetani a Civitanova, i molfettesi a Terlizzi, e blocca altre 6 trasferte. Noi non ci siamo. Ma non è bene cullare illusioni. Piedi di piombo, sempre. Però stavolta, a scalfire la consueta incertezza esistenziale, c’è il dettaglio, non trascurabile, dei biglietti. Già, perché gira voce, dall’inizio della settimana decisiva, che il Bisceglie calcio si sia accordato con l’Acd Foggia per smistare in Capitanata 100 tagliandi. Sono pochi, ne servirebbero almeno il triplo, ma quanto meno ci sono. Anche il banner che pubblicizza la partita contempla la voce Settore Ospiti. 10 euro. Stavolta sembra lecito alimentare speranze. Certo, una vita così – tra voci, dicerie e spifferi ufficiali – è stressante oltre ogni lecita misura. E non solo, bisogna fare di tutto per non tuffarsi nel passato, per non rimembrare i tempi andati, la facilità automatica con cui si allestivano torpedoni e si andava ovunque. Siamo appassionati, e pur di continuare a vivere l’attimo adrenalinico ed eterno dell’ingresso in un’altra città, abbiamo azzerato la nostra memoria. E da tempo siamo scesi a compromessi con questa gestione mafiosa del calcio. Ogni giorno che passa è un giorno che ci avvicina alla trasferta. Siamo costretti a crederci. Il circuito Bookingshow mette in vendita i biglietti. Ma per l’evento che ci riguarda il settore ospiti risulta bloccato. Fino a giovedì pomeriggio. I propugnatori di cattive notizie si palesano. Cattivi presagi s’addensano. Poi, d’incanto, i tagliandi diventano disponibili. E in un amen finiscono. Possiamo prenotare il pullman, stabilire un orario di adunata e uno di partenza, prendere a discutere di come organizzare il nostro settore. Gli scettici devono indietreggiare. Abbiamo i biglietti. Materialmente. 10 euro + 1,20 di prevendita. La caparra consegnata al noleggiatore. Siamo a giovedì sera, non sarebbe logico attendersi un dietrofront. Certo, una volta ci vietarono Andria 48 ore prima dell’evento. Ma siamo a venerdì mattina, sarebbe francamente assurdo. E l’assurdo è mestiere da Prefetti. E quello di Bari, o della Bat (non s’è capito) non è da meno. Vietata. Così, a freddo. L’ufficialità giunge alle 19 dell’antivigilia.

Paghiamo un paradosso. Siamo troppi, dicono. In casa non riusciamo a vedere una partita nella nostra curva perché il nostro stadio è troppo grande per la categoria. In trasferta non ci possiamo andare perché non ci muoviamo in trenta. Se tutto questo vi sembra logico, allora starete comodi in questo microcosmo di idiozie. Noi, di nostro, sopravviviamo a stento. È un dato di fatto: è più il tempo che sprechiamo a dibattere, a litigare, a scazzarci, di quello che impieghiamo a sventolare le nostre bandiere. E, sprofondati in Lega Nazionale Dilettanti per rivivere gli stessi kafkiani incubi della Lega Pro, si può ben comprendere la diffusa voglia di fermarsi a rifiatare. Per valutare complessivamente, senza un briciolo di serenità, il senso ultimo di questa nostra passione collettiva, svilita e sventrata. A che pro continuare a credere in un sogno di partecipazione, aggregazione e tifo? A che pro seguitare a popolare i gradoni quando ce lo concede un’autorità qualsiasi? Quando ormai è chiaro da anni che nella mentalità affaristica di chi gestisce il giocattolo non sono previsti gli stadi pieni e quelli come noi sono percepiti, vissuti e dipinti come un’anomalia fastidiosa, una disfunzione del sistema? Quando un capriccio di un Prefetto può bloccare il nostro modo d’essere anche dieci minuti prima del fischio d’inizio? Che senso ha, ancora? Probabilmente dovremmo accantonare le menate da Ultras e cominciare a ragionare da Cittadini. Da semplici Cittadini tifosi. Allertare chi di dovere, per esempio, che non siamo sudditi. Che non è sufficiente nascondersi dietro la formula di rito dei “motivi di ordine pubblico” per venirne fuori puliti. Anche in questo ambito, sarebbe interessante inseguire le responsabilità concrete, invece di fermarci – fatalisti e rassegnati – dinanzi alla cortina fumogena delle dieci sigle fittizie, che alla fin fine non si capisce mai chi prende le decisioni e come le motiva. Partire da questo, magari, per non lasciar spegnere la fiamma della passione. Che è smorzata come non mai. Presentare a chi di dovere la lista delle spese, fossero anche i 120 euro regalati al circuito dei biglietti online e persi per sempre. Fossero anche i 40 o i 70 euro regalati ad un noleggiatore di furgoni, che avremmo fatto meglio a spendere in alcool o imbandendo una tavola. Far capire a chi governa il circo che non siamo ottusi sventolatori di vessilli; che la nostra intelligenza non si esaurisce nell’elaborazione di un coro o di uno striscione con la rima. E, qui in casa nostra, mettere sull’avviso chi ha in mano il nostro nome che non basta fungere da tribuno del popolo e ostentare il proprio amore per i colori per tutelare la piazza. Che è importante battere i pugni sul tavolo, alzare la voce. Che si, siamo signori e accettiamo che la Fortis Trani ci costringa a giocare a porte chiuse, che il Bisceglie Donuva posticipi alle 18 il match per permettere ai suoi tifosi di godersi la serie A su Sky. Ma siamo Cittadini tifosi ed abbiamo sottoscritto un contratto. Un abbonamento dove ci venivano garantite 17 partite in Curva Nord e, al momento, alla vigilia della quarta, in Nord non ne abbiamo vista nessuna. Certo, nessuno vuole il male di questa società. Non siamo menestrelli sciocchi e irriconoscenti e già più di una volta – in questa stagione agli esordi – abbiamo violentato il nostro essere pur di non arrecare danni a chi ha salvato i colori rosso-neri dall’estinzione. Ma la luna di miele, ad un certo punto, finisce. Mi direte: ma che vuoi dalla società? Niente. Voglio che ci rispetti. Che il presidente faccia il presidente – e non lo steward –, che i soci facciano i soci, che il direttore generale faccia il direttore generale. Che non abbiano peli sulla lingua nell’indicarci i nemici occulti, quelli che si trincerano dietro la cortina fumogena di cui sopra. Che si ribellino, come noi, alle quotidiane ingiustizie di cui è vittima la parte più importante di questo patrimonio societario: i tifosi. Che non basta dirsi rammaricati (il Bisceglie, che ha perso un bell’incasso, era più rammaricato dei nostri), bisogna farsi sentire nelle sedi competenti. Perché proseguire il gioco così, soli contro il mondo delle burocrazie, sarà pure epico. Titanico. Ma alla fine stanca e sfibra. E se d’un tratto anche le curve dello “Zaccheria” dovessero svuotarsi, a chi importerebbe davvero il risultato del Foggia? Qualcuno sentirebbe la nostra mancanza?

Nessun commento:

Il Libro