26/10/09

Mi familia

di Lobanowski 2

Domenica 25 ottobre, Reggiana-Foggia 3-4

“Ma, insomma, alla fine quanti siamo?”, “Dodici”. “Quindi 9+3?”, “Si, o 8+4”.
“Ma è uno spreco!”. Certo che lo è, ma che vuoi da me se la gente desiste quando tutti hanno già fatto il biglietto? Angioletto cambia argomento. Si avverte l’eco di un’inversione col freno a mano. “Oh, oh… Nella Reggiana gioca terzino Nardini, che ha giocato a Foggia qualche mese…”. Embé? “Facciamo lo striscione Nardini Indimenticabile Eroe”. Si ricorda il caso Fornaciari. Fuori dall’autogrill c’è Hot Stuff. Non s’è ancora capito se fa caldo o fa freddo. Il Conte mi fissa con occhi appuntiti. È tardissimo, sancisce. Effettivamente. L’ora solare nuovamente in vigore, la partenza prevista alle 6 che sono le 7. Chiacchiere. Sono le otto passate. Siamo appena entrati in autostrada. Oggi la A14 è zona d’esame. C’è qualcuno che da diversi anni ha perso l’abitudine a viaggiare in massa ed oggi vuole prendersi la sua rivincita sulla storia. Lo si nota dalla sicumera di certe sciarpette al vento. Non si fa, non si dovrebbe. Esagerano, questi. C’è persino la delegazione, la carovana scortata che perde pezzi. I nostri schierano alcuni furgoni già ad Ancona. Uno smarrito dietro, nei buchi neri delle troppe soste per pisciare fuori il Long John. Noi e i golfisti. Al santuario attendiamo gli altri per due orazioni e prendere la rincorsa. Inseguire o essere inseguiti, la vita è sommatoria di punti di vista. La strada scivola lenta e veloce. Contatto telefonico continuo, vecchia compilation nelle orecchie. Non sono riuscito a masterizzare quella con Reggaemilia. La mi familia, la mi familia. L’intera carovana è un elastico sparato sull’Adriatica. Enzo mi ha detto che dobbiamo parlare di questa storia dei dodici, che così non va. Anche a noi – in quattro in macchina – manca il clima ridondante del furgone. Ma è andata così, non ripetiamo sempre gli stessi fatti.

Oggi niente piazza di paese, niente cucuzzolo domenicale, niente aperitivo. Giuseppe ha raccolto 4 euro cadauno di extra scialando su quella che riteneva essere una trasferta da 35 euro (biglietto escluso). E che si è rivelata una catastrofe finanziaria degna di un Venerdì nero di Borsa. Due bottiglie di Borghetti giacciono inermi e desolatamente vuote in un anonimo spiazzo di campagna. E secondo Nicola è meglio, molto meglio che sia andata così. Fatto sta che nel portabagagli resistono due teglie di lasagna, frutto del lavoro e della paziente perizia della genitrice del pilota. Uno sguardo all’orologio. Gli altri sono già nel parcheggio del Giglio. Non è il caso di pensare alla gola. Carosello all’Agip, e muso rivolto a Reggio. Mancano meno di dieci chilometri. Andiamo. Dello stadio – che molti garantiscono essere bello, ma la cosa non mi convince affatto – si intravedono i fari. Arriviamo al nostro spiazzo. Uno sguardo ai dintorni. C’è tanta gente. In ogni capannello, i volti di quelli che a Foggia non vivono più da tempo. L’affetto non sembra conoscere crisi. Il nostro furgone è già fermo. Mattia fa i giri su se stesso, come una dama del Settecento. Gli mancano gli sbuffi alle maniche e la gonna con le ossa di balena. La vestizione dell’eroe. La voce di un signore ci distrae da quella vista macabra: “Dove avete fatto i biglietti?”, “A Foggia”, “Aaaah”.
Biglietto e documento, Angioletto che posa per il suo pubblico televisivo, un doveroso tributo a Fabrizio Corona, il sottopasso, la scritta degli Ultras Cesena, il metal detector, il tornello che sputtana i nomi e i cognomi al resto della fila. Emergiamo a rivedere il cielo (e le mongolfiere) che le squadre sono già in campo. Il tempo di sistemare la pezza e assemblarci. Male, molto male. Sembriamo una costruzione Ikea malfatta. Lunghi, sfilacciati. La presenza dei tanti emigrati, poi, attorno a noi, non facilita le cose. Ovunque ci sono saluti, abbracci, chiacchiere da salone di barbiere, o da caffetteria del centro. Per un quarto d’ora buono. Dalla balaustra si evitano i cori secchi al minimo. Forza Foggia, Vinci per noi. Carburiamo lentamente. Di fronte, la curva reggiana non mi fa un brutto effetto. Sono in buon numero e i loro battimani sono belli. Non cantano, però, o cantano poco. Troppo poco. A parer mio, però, risultano quasi più convincenti dei cosentini. E infinitamente più dei ternani. Il Foggia passa. Il sostegno discontinuo di quelli del loggione si scarica nel boato di esultanza. E quando la Reggiana pareggia, diventa difficile riprendere. Ma poco alla volta cresciamo. Ci sistemiamo un po’ meglio: piazziamo Angioletto ai piani alti, accorciamo la linea di centro-gradone smistando Davide e Daniele al piano di sotto, spostiamo l’asse del coro a destra, riequilibrandoci. Enzo esce per infortunio. In campo, segnamo su rigore. Salgado la piazza centrale, il portiere salta come un gatto e – chiaramente – non la prende. Noi stiamo cantando ancora. Mai provata la sensazione di cantare su un penalty in luogo dell’Oooooo. Mi piace. Evoluzioni di stile.

L’intervallo ci coglie increduli, ma il bello deve ancora venire. Perché nella ripresa siamo più compatti, e il risultato è nelle orecchie di tutti. Poi Salgado inventa una serpentina che ci tiene col fiato sospeso. Quando la rete si gonfia, il settore viene giù. Quando realizza il quarto in rovesciata, rischia di esplodere. Incredulità. Stupore. Per diversi attimi ci siamo guardati attorno, prima di esultare. Incapaci di crederci. Adesso ogni coro è potente e corale, liberatorio. Il Conte torna dalla sua passeggiata ai margini del settore. Ce l’ha coi ragazzini in divisa granata – tanti – seduti in tribuna. Sostiene, fissato come certi vecchi pazzi alla posta, che dovrebbero applaudirci per la lezione di tifo che gli stiamo dando. Mattia è ormai in canottiera e la gente se lo rimpalla tra le file come una pestilenza. Il terzo gol reggiano è su rigore. Guardo il display del cellulare. Mancano 20 e passa minuti. Non me ne convinco, e chiedo lumi ad Angioletto. “Meno di dieci”, dice. Propendo per la sua ipotesi, che entrambi sappiamo falsa quanto la giustificazione di Marrazzo. Sosteniamo con le ugole, le braccia e le mani l’assedio granata. Triplice fischio. Liberazione. Non ci credo. È finito il mio incantesimo al contrario. Tra i miei compari c’è chi non vinceva fuori casa da Novara. Io a Novara non c’ero, e per ritrovare una mia vittoria si deve tornare a Tivoli. Me la godo. Vedo lo sguardo di un giocatore del Foggia mentre gli viene restituita la maglia che aveva offerto al pubblico. Mentre dall’alto cantiamo Il Foggia siamo noi. Umanamente – lo ammetto – un po’ mi spiace, ma andassero a farsi fottere! Non dimenticassero quel che ci hanno fatto subire a Terni e a Cosenza. E poi è vero che il Foggia siamo noi. Chi può dire il contrario? Tirate fuori le palle! La gente attorno prova ad aprire un dibattito: “Ma che volete da loro?”. Non ho fiato, forza, voce, per ricominciare tutto da capo. Adesso, per molti, questo è di nuovo uno squadrone da play-off… E pensare che meno di quindici giorni fa chiedevano il fallimento e la serie D. Volubili. Come i pescaresi che adesso in trasferta vanno in massa e fanno i duri. Puah! Fatto sta che i giocatori non capiscono, o fingono di non capire. Beh, è dura comprendere la psicologia di gente che ti acclama dopo il 4-1 subito a Terni e ti bastona dopo un 4-3 rifilato alla Reggiana. Dura un po’ meno, magari, se consideriamo che in mezzo ci sono state Ravenna, Marcianise e Cosenza. Unico appunto: magari certe cose andrebbero pianificate prima e meglio, per evitare di essere presi per passionali che decidono sul momento. O, peggio ancora, per psicopatici. Comunque, sono certo che i giocatori in pullman non avranno pianto. “Buonasera – fa Enzo passando accanto agli ultimi due steward – da che parte per il rinfresco?”. Quelli si guardano stupiti. “Perché, non offrite il rinfresco?”. Mattia sopraggiunge: “Chiedo scusa… Per farsi una doccia?”. Giuseppe sta litigando per un accendino, invoca la giustizia proletaria. Accanto allo stadio c’è un centro commerciale e oggi è giorno di primarie del PD. Non è più tempo per simili anacronismi. Quello glielo dice in dialetto: “Qui siamo in democrazia!”. L’accendino è perso per sempre. “Arrivederci, ma il servizio non è stato all’altezza”.

Cronache di Fano

E così s’è fatta sera. Un ultimo brindisi all’autogrill, a due passi da Bologna. Valerio s’è perso. Doveva scendere a Modena. E doveva scenderci in treno, oltretutto. Sabrina mi offre generosamente parte della sua Ceres, il bagno ricalca atmosfere da giungla alle pareti. Ci sono i tifosi di una squadra gialla. C’è anche una rossa che tutti hanno notato. Un plauso ai lavavetri extraterritoriali. Via. Una tirata verso il mare. Uscita Fano, direzione stazione. Bisogna mollare Angioletto. Bisogna mollarlo a Manu, ad Aurelio, ai suoi doveri. Devono ripartire, nuovamente emigranti. Si addensano abbracci e baci da straziante saluto, all’orizzonte. Ma prima, ci sono le due teglie di lasagna. Il baretto sulla piazza è aperto alle otto e mezza. È un evento straordinario, ci dicono. Uno strappo figlio del destino, evidentemente. Qualcuno deve aver visto la stessa stella cadente che ho visto io, e deve aver chiesto un bar aperto a Fano. I sospetti di addensano su Giuseppe, che corre a constatare quanto una Moretti grande costi 3 euro, in queste lande così simili a Tolentino, la prima sosta di questa new age. Tra qualche giorno il gruppo compirà un anno. È molto più grande di Aurelio, ma tra qualche anno potranno giocare assieme. Non un anno dall’inizio, certo, altrimenti saremmo già nel secondo, ma uno dalla prima volta della pezza. Ci eravamo ripromessi cinque trasferte di prova, per testarci. Nessuno ci sperava più di tanto, però. Invece, tra qualche giorno potremo brindare ancora. Angioletto brinderà in chat, che vuoi che sia la fisicità della presenza? Un dettaglio, niente più. Non pensiamoci. La piazza è vuota, un bambino gioca con la palla e non ci coinvolge. Bastardo. Tempo di andare. Abbracci e baci. Il momento straziante del commiato si limita il più possibile all’antiretorica: “Ci vediamo a Ferrara”. 13 dicembre. Mancano due mesi. Passeranno.

5 commenti:

SKoccA ha detto...

Una domenica modello...
..tifo infernale,
squadra avversaria allo sbando,
lacrime di gioia e allo stesso tempo di incredulità,
rientro a CASA prima del previsto e
soprattutto applausi a tutti noi.
..Unico rammarico: non aver scattato in corpo i pescaresi con la brava bianca...Citando "S.": "uagliù Ch'avemma fermà!!!".

Breeena ha detto...

S sarei io?? bhe un paro di anfibiate glie le avrei assestate volentieri, considerando anche la raggia che avevo in corpo dalla settimana nera...ma alla fine siamo tutti pacifisti!! ;))

breeena sexy casual firm ha detto...

più ke anfibiate sarebbe bastata una tettata con il seno ke ti ritrovi!

Breeena ha detto...

coglione

breeena sexy casual firm ha detto...

ti vogliamo così!!!
(3 volte e con le mani a rondine)

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