30/07/13

Ripescati sull’orlo di una crisi di nervi



Antonio ha ragione. Non dico di no.
- “Madonna, state reagendo al ripescaggio manco fosse una retrocessione”.
- “Peggio, Antò, peggio. È come una diffida”.
- “Che esagerazione”.
In effetti, è irrispettoso, oltre che esagerato.
Ma i contorni della vicenda meritano due parole di approfondimento.

Dal tardo pomeriggio di ieri, dalla consegna della domanda per il ripescaggio in Lega Pro, la nostra città è in fibrillazione. Ci sono buone possibilità di tornare fra i professionisti. Di fare un salto di categoria e di togliersi dalle sabbie mobili della Serie D. Che effettivamente, sono una gran rogna.
In tensione. Lo spumante in ghiaccio. Si attende l’ufficialità per festeggiare.
Ci sono tutti. I tifosi delle grandi occasioni e quelli che, nel bene e nel male, il loro apporto di fede l’hanno sempre dato. E poi ci sono quelli come noi, che li riconosci subito. In un angolo della sala delle cerimonie. Con un sorriso talmente tirato che, a tirarlo di più, si strapperebbe.
Siamo innamorati di quella maglia. È ovvio che siamo felici di vederla competere in categorie egualmente indegne per la sua tradizione, ma sempre meno indegne di quella cosa che abbiamo visto quest’anno. È ovvio che l’obiettivo è e resta quello di sempre: la Coppa Uefa. O Europa League. Il furgone che taglia il Brennero, l’Austria, la Repubblica Ceca. Tutti a Bratislava! Io pensavo al primo turno di Coppa anche mentre prendevo quattro gol a Grottaglie…

Quindi figurati, Antò, se non mi fa piacere accorciare i tempi della grande risalita. In più, nessuno potrà mai azzardarsi a paragonarci ad un Avellino qualsiasi. O, peggio ancora, ad una Nocerina. Noi non siamo retrocessi, due stagioni fa. Nessuno ci sta facendo un favore. Ci eravamo tranquillamente salvati in C1. E se non fosse stato per quel sorcio che non mi va neppure di nominare, in C1 ci saremmo iscritti l’anno scorso. Invece, è andata come è andata. Bisceglie, Sant’Antonio Abate, etc.
Leggo il girone ipotetico della prossima annata. Casertana, Cosenza, Messina, Teramo. 
Sento, istintivo, un formicolio sottopelle. Wow. Sarebbe magnifico.
Ma poi la realtà torna alla mia porta come un esattore del fisco. Come uno strozzino di Equitalia.

Lega Pro, per quelli come noi, significa Tessera del Tifoso. Significa ripiombare mani e piedi in quello stagno gelido fatto di immobilismo e tortura. Significa che non vedremo né Caserta, né Cosenza, né Messina, né Teramo. E loro non vedranno noi.
“E vabbé – mi fa il grillo parlante – ma allora cosa vorresti, restare una vita in Serie D solo per farti 6 o 7 trasferte?”. E c’hai ragione pure tu. Anche in D ce ne hanno vietate di belle: Matera, Potenza, Francavilla sul Sinni. Però ci siamo sgranchiti le gambe: Santa Maria Capua Vetere, Pozzuoli, persino il Vomero. E poi no, non voglio restare in D, non voglio che la mia squadra ci invecchi, solo per il gusto di andare in trasferta. Ma, resta il fatto, che io in trasferta voglio andarci. Come si conciliano le cose? La mia passione, che è passione di molti, consiste proprio in quello stalkeraggio continuo alla maglia rossonera. Esserci dove è e lottare dove lotta. E tutto questo tra i professionisti sarà impossibile. E, ciò che è peggio, ciò che frustra, è che lo sapremo da subito. Dalla prima giornata. Dal primo impegno fuori casa. Diremo: “Ci hanno vietato Poggibonsi”. E ricominceremo a srotolare la vecchia canzone: “Non ci hanno vietato Poggibonsi. Senza Tessera sono tutte vietate”.
Perché psicologicamente un conto è vedersi vietata Monopoli il venerdì prima della partita, dopo che per una settimana ci hai creduto. Altro sapere da settembre che non viaggerai mai. E, a quel punto, si faranno strada i dubbi. “Che senso ha seguire solo in casa, fare le majorettes?”.
Tutto già visto. E si che la riflessione dovrebbe complicarsi ulteriormente, fino a ribadire che solo la nostra passione per un calcio che non somiglia più a questo attribuisce un senso a ciò che il senso l’ha smarrito più di dieci anni. Ma fermiamoci qui.
In sostanza, Antonio caro, il tifoso che è in me sorriderà al ripescaggio. Perché la mia squadra merita di salire di categoria. Anche se avrei voluto conquistarla sul campo, questa Lega Pro. Il tifoso che è in me sorriderà come avrebbe sorriso se avesse vinto i play-off, a giugno. Ma lo farà con l’amaro in bocca di chi è consapevole di cosa perde. E che quest’anno non potrà essere come l’ultimo di C1. Che le decisioni da prendere saranno gravi. E forse definitive.

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