18/05/09

La nostra festa

di Lobanowski 2

Domenica 17 maggio, Foggia-Crotone 1-0

“Fin dal calcio d'inizio Lennox aveva capito in qualche modo che il Notts avrebbe perso, non per una profetica conoscenza della prestazione di ciascun giocatore della squadra di casa, ma perché nemmeno lui, da spettatore, si sentiva in piena forma”.

Così Alan Silltoe, a proposito di una gara interna col Bristol. E il parallelismo regge anche a diversità di esito. Perché anch’io non ho profetiche conoscenze dei miei. Ma alla vista di quella curva strapiena, dei ragazzini e delle ragazzine dotati di vidocellulari e magliettine a righe modello Sonohra sopra, sotto, di lato a noi; di quella gradinata stracolma di gente seduta, anch’io ho avuto la certezza che il Foggia avrebbe vinto. E, come Lennox, non mi sono sentito in piena forma. Ma non perché m’augurassi qualcosa di diverso dalla vittoria. Non fraintendiamo. Conquistare i playoff è il minimo. Senza la doppia sfida di semifinale, senza la finale che tutti auspichiamo, oggi potrebbe essere il nostro ultimo giorno prima delle ferie estive. E non oso neppure pensare a quanto afoso tedio ci separi dal ritiro, dalla prima di Coppa Italia, dalla prima di campionato a fine agosto. Scuoto la testa per rimuovere il pensiero – Delete – mentre m’arrampico fin su alla curva per appendere la pezza. E chiedo “Permesso” agli spettatori già in posizione. M’informo: “Che ore sono?”. Le due meno cinque, mi rispondono. Un sguardo dall’alto in basso: incredibile. Siamo qui con oltre un’ora d’anticipo. E per risalire la Sud devo chiedere permesso. Rimpiango i 500 curvaioli di Foggia-Pistoiese. Rimpiango l’acquaneve e il vento sferzante di Arezzo. Ma tant’è: questa città non è in nulla diversa dalle altre. Il carro del vincitore affascina, seduce, conquista le anime meschine. E quelli che ancora non ci sono saliti sopra, si preparano al grande balzo. Come Fantozzi con l’autobus.

Al covo l’aria è distesa, da ultimo giorno di scuola della regular season, in attesa degli esami di maturità. Un giro di Borghetti a festeggiare i dieci anni di un fidanzamento a cui tengo molto, un excursus tra i trailer di Maccio Capatonda, l’attesa dei dispersi. Fuori issiamo le bandiere. Una comitiva di ragazzini alla pizzeria di fronte non si lascia sfuggire l’occasione, e tira fuori le immancabili fotocamere. Flash. C’è una generazione che si sta giapponesizzando sotto i nostri occhi. A corso Matteotti c’è gente. Sciarpe al collo, sono testimonial dell’occasionalità. E del grande evento. Il colmo sarà dover sgomitare con questa gente per ottenere un tagliando per le semifinali. Rabbia. Saltiamo la sosta al chiosco, perché immaginiamo – a ragione – che la Sud sia già piena. Un gruppo di dodici giovanotti si presenta alle porte e fa un nome, uno soltanto. Come ad una festa di compleanno. Gli steward li lasciano passare. Enzo invece adotta un’altra tattica. Fissa negli occhi lo staccabiglietti esclamando “Buongiorno” con voce sicura, gentile ed affabile. Quello, stupefatto e spiazzato da tanta cortesia (a cui non deve essere abituato), si concentra sulla risposta. E si dimentica di chiedere il conto. Buongiorno. Il primo gradone a ridosso della balaustra è un tappeto di aste e stoffa. Le squadre in campo, lo sventolio, il rimbombo dell’intera curva alle prese con il primo coro. “Scusa, puoi evitare di riprendere con quel coso…”, “Perché?”, “Come perché?”. Bisogna stare con gli occhi aperti, ma questo clima mi ricorda le partite di beneficenza.

Ne risentiamo. Alla fine del primo tempo ci fanno notare che siamo stati blandi, per nulla carichi. È vero, cazzo. Ma come si fa, in queste condizioni, a concentrarsi. Qua sembra la riproduzione dei panda allo zoo. Le nostre tre file si schiacciano e si mescolano ad una marea di volti inediti, che neanche le Nuove Proposte a Sanremo. Saranno famosi, probabilmente, ma per adesso sono un fastidio indicibile. Fa un caldo mortale. Quello del chioschetto si sorprende della quantità di bottiglie d’acqua che riesce a vendere. Un sorso di minerale, una doccia. Vinciamo uno a zero. Ha segnato Germinale. Ho visto trequarti del gol, finché non ho perso di vista il pallone, ingoiato dalla prima fila. In quell’istante ho fissato il nostro attaccante aprire le braccia e venire sotto di noi. E mi sono girato per costatare lo stato di conservazione di Ceska. Uno sull’altro e tutti giù. Due energumeni afferrano un amico e lo trascinano agli inferi. Quello scalpita, prova ad opporsi, e sferra quattro calci nel vuoto. E il vuoto sono io. Il mio stinco sinistro, per la precisione. Nella ripresa, che si preannuncia mortalmente noiosa sul campo, dovremo riscattarci. Tanto più che abbiamo le t-shirt nuove, oggi. Compattarsi, diventa l’imperativo. Anche a costo di espellere i neofiti. Uno striscione solidarizza con gli Sconvolts Cagliari: Anche repressi combatterete.

Ora siamo decisi. Le notizie-radio riferiscono l’altalena emozionale di Cava. Vince il Pescara, al “Lamberti”. Ma tutto lascia presagire che non corriamo rischi dell’ultimora. Il Crotone ha mollato una presa che già dall’inizio era parsa molle. Chi non salta è cavaiolo. E la curva ingrana la marcia. Adesso ci divertiamo sul serio. Un pensiero immancabile ai tarantini, poi proviamo a coinvolgere il resto dello Zaccheria: Tutto lo stadio. Chi non salta è cavaiolo. Ma quelli in gradinata restano fermi, impassibili, gli occhi sul manto erboso e il suo scialbo divenire apparentemente agonistico. Ci riproviamo: Tutto lo stadio. E ancora: Chi non salta è cavaiolo. Niente. Nessuna risposta. Sembrano inchiodati. Allora le braccia dell’intera Sud indicano quel mare di teste alla destra. E parte il coro che vale una stagione, quello che racchiude in sé l’essenza dell’esserci: Siete sempre un pubblico di merda. Bello, lungo, scandito. Sillaba per sillaba, a conficcarsi nelle cortecce cerebrali di quelle vecchie querce immote. Vaffanculo, se lo sono meritato tutto. E adesso è inutile che scalpitino, che applaudano ironicamente, che inveiscano con rabbia. Merde siete e merde resterete. Ah, gli anni Ottanta… Triplice fischio. È finita. E mi sento sazio come una stufa a cherosene. La squadra sotto di noi, e poi Novelli. Un coro, Mister Mister, che non fa nomi e cognomi, ma che in controluce dimostra a quest’uomo chi siamo – quelli che c’erano e ci credevano mentre i giornalisti si dilettavano a mostrarsi arguti – e chi è. Ci punta l’indice addosso, mentre sfugge agli abbracci degli invasori di campo. Una, due, tre volte. Mi emoziono e non lo nego. Sciolgo la tensione con gli altri: Voglio restare in C, Perché qui è un mondo fantastico. Cantiamo tutti, ridiamo. Prima di sorprenderci assetati. Conviene uscire di corsa, affrettarsi. Ci aspettano un paio di Peroni a testa. E un whiskey per la sera. Festeggiare i playoff, dicono tutti, è da idioti. Foggia, stabiliscono i soliti voltagabbana, deve ambire ad altre soddisfazioni. Sono gli stessi che parlavano di derby quando giocavamo col Manfredonia. E vabbé. Sta di fatto che ci è presa una dannata, insindacabile voglia di festeggiare. E festeggiamo, alla faccia di tutto e di tutti. E se qualcuno si incuriosisce – “Cosa festeggiate?” – non possiamo che rispondere: Noi stessi. E siamo seri. Oltremodo seri.

Flashback. Zio Franco è disperso dalle 10 del mattino. Sente la partita come un parto. Da qualche anno va in tribuna centrale, ma è rimasto un curvaiolo dentro. Ed in tribuna questo spicca più che nel cuore della Sud. Uno che butta il sangue come se dettasse geometrie a centrocampo, che insegue il pallone come un cavallo, sbuffa e nitrisce. Ha promesso: se il Foggia va ai playoff, qualcuno la pagherà. Ce l’ha coi giornalisti, che vivacchiano la partita a pochi metri da lui. Al novantesimo la curva si svuota. Noi stiamo ancora cazzeggiando, intonando cori situazionisti, cinici e disillusi. Qualcuno mi chiama dalle transenne. “Ma non è zio Franco quello?”. Aguzzo lo sguardo alla mia sinistra, fino alla tribuna. C’è un signore pelato, palesemente sovreccitato e sudato, che si sta scagliando contro il convoglio dei giornalisti che – muti! – abbandonano la postazione. Sembra Cavallo Pazzo. Si, rispondo, è lui. Mi raggiungono gli altri. Zio Franco picchia per noi…

Alle 20:30 Mattia chiama in trasmissione. Tenta la supercazzola in diretta. Il giornalista per poco non ci casca. Di voi tutti, oggi, vogliamo ridere.

Il 15 marzo l’allenatore dell’Arezzo Ugolotti dichiarò: “Abbiamo 6 punti sulla sesta, quel discorso forse è chiuso”. I sesti, manco a dirlo, eravamo noi. Estrapolai, copiaincollai la sua dichiarazione. Ne feci la mia frase personale in Messenger. Oggi noi siamo ai playoff. E Ugolotti è stato esonerato. Alla luce di tutto questo, mi sembra poco importante che l’Arezzo abbia comunque centrato le semifinali. Apro Msn. È ora di fare le pulizie di primavera. Seleziono, cancello. Scrivo: A settembre c’eravamo solo noi. A marzo pure.

8 commenti:

NicKappa25 ha detto...

..ma a me piace la serie C.....;)

Anonimo ha detto...

a me piace di più la B. Tutta la vita in B...

Anonimo ha detto...

Bravi! Bellissimo questo scritto.
Peccato che appena 3 post più in basso e per ben 2 volte avete detto:

"Oggi abbiamo messo il punto. È finita. Addio playoff."

Bravi. Ora, per cortesia, per noi tifosi veri, quelli che non mollano mai, che ne direste di un
"Non batteremo mai il Benevento"... per 3, 4 volte nel prossimo post?

Vuoi vedere che portate sfiga al contrario?

Don Abbondio.

Anonimo ha detto...

Sai qual è il brutto della comunicazione, Don Abbondio?
Che non sempre chi legge è in grado di comprendere.

Non è immodestia, fidati.
E' che chiunque ha capito che quel "E' finita. Abbiamo perso i playoff", messo in quella posizione, era una ripetizione di quello che si sentiva in giro. Non una nostra considerazione. Se sei un mio fedele lettore, ti renderai conto che è un mezzo letterario che uso spesso. Tanto è vero che veniva smentito nel resto del testo.

Tutti tranne te.

Adesso tutti sono tifosi veri che non mollano mai.

Analizza la tua voglia di polemizzare con me. Vediamo se la psicanalizziamo.

Ciao,
Francesco

(abbonato e presente a 10 trasferte su 10)

Anonimo ha detto...

Tanto per ribadire, comunque, mi sono riletto il pezzo che citi. Per capire se davvero era così difficile da capire.

Finisce con:

"Domenica saremo di nuovo uno accanto all’altro, a lanciare il terzultimo assalto alla speranza.

Basta un niente e tutto salta, Tutto tende all'essere distrutto, Tutto cambia.
Una fenice risorge dalla cenere, Torna al fuoco per quanto tu la possa uccidere".

Bah...

Anonimo ha detto...

ma come si fa???... rimpiango i 500 di foggia- pistoiese... una marea di volti inediti... sono un fastidio indicibile... a settembre c'eravamo solo noi. A marzo pure... abbonato e presente a 10 trasferte su 10... come si fa ad assumere in un attimo, una stagione calcistica, un atteggiamento così presuntuoso nei confronti di chicchessia... allora io rimpiango i 30 di cosenza, campo neutro col castrovillari, ripenso a settembre, quando i volti inediti s'apprestavano per la prima volta a fare 10 trasferte su 10, ma non li ho mai considerati un fastidio indicibile, bisogna pur cominciare... non si possono dare lezioni di fede, solo perchè con degli amici di vecchia data per 10 volte quest'anno si è stati a far pasquetta... anch'io non amo il tifoso occasionale, ma non mi permetterei giudizi di condanna, quando attorno a me, nel mio gruppo, a settembre e adesso ci sono appassionati dell'ultim'ora... dov'eravate quando il FOGGIA prendeva batoste sui campetti di c2 e s'andava in poche decine, fedeli devoti, in posti come Giugliano, Torre, si può scegliere Annunziata o del greco, Ragusa, ecc. un bagno d'umiltà, please. Cerchiamo d'esser seri, oltremodo seri...
IL FOGGIA E' TUTTO X ME...

Anonimo ha detto...

per il secondo Anonimo: hai ragione. Ma le cose, permettimi, vanno inserite in un contesto, relativizzate.
Vuoi che mi dispiaccia che la curva risuoni da parte a parte? Ma scherzi?
Vuoi che mi dispiaccia che la gente si avvicini per restarci?
Ma scherzi?

Contestualizza, però.
Io non sto mica parlando di fede. Non sto dando lezioni a nessuno. Se hai seguito le precedenti "puntate", sai a chi mi riferisco e come la penso circa il carro del vincitore. E tutto quel che ne deriva.

Aspettavo l'ingresso ai playoff come una botta di adrenalina, per rinfacciare un po' di cose. Poi, è ovvio, i tirapiedi ricreduti o i bambini col videocellulare non mi hanno fatto piacere.

Ma Foggia non è una piazza da 500. E' chiaro che dire che li rimpiango è un paradosso per dire che - nella vita e allo stadio - disprezzo le persone che s'aggregano all'ultimo. A te piacciono?

A livello di metodo, comunque, sottolineavo il numero di presenze quest'anno solo per specificare a Don Abbondio che m'accusava - senza conoscermi - d'aver smesso di crederci. Era per dire: ci sono sempre stato. Non era presunzione, figurati.

Non sono presuntuoso neppure quando potrei permettermelo. Non è nella mia indole, diciamo.

Francesco

Anonimo ha detto...

Scusa Francesco,
evitiamo altre polemiche inutili.
In quel mio "per noi tifosi veri, quelli che non mollano mai" eravate compresi anche voi.
Il mio era un commento ironico, visto che quella vostra frase aveva portato fortuna.
Mi scuso se non mi sono spiegato male.

So benissimo che quelli di "meglioilfoggia" sono dei supporters sfegatati, probabilmente molto più del sottoscritto, quindi non mi sarei mai sognato di criticarvi per essere saliti ora sul carro dei vincitori.

Io sono uno che non ha mai amato Novelli, come non ha mai amato Caramanno. Però senza Caramanno forse non avremmo avuto Zemanlandia.
Quindi...

Forza Foggia!

Don Abbondio

Il Libro