08/09/09

Corsari

di Lobanowski 2

Lunedì 7 settembre, Andria-Foggia 0-1

Non bisogna mai rinunciare alla socialità; al principio aggregante per cui esistono cose come i bar, i pub, i circoli del ricamo. E il calcio. L’abbiamo detto, l’abbiamo scritto. Ore 20:45, tutti da noi. Tutti alla Cantina Politicamente Orientata. Abbiamo inventato anche un aperitivo serale per l’occasione. E una volta lanciato l’appello, fissato l’appuntamento, non si torna indietro. È un piacere, certo. Ma manca tutto. Il frigo boccheggia. C’è da lavare a terra, riordinare lo spazio agibile, riempire il freezer di birre, Caffè Sport, vodka, gin, Martini. Senza contare che mancano i tovaglioli di carta, i bicchieri grandi e quelli da cicchetto. Compunta rassegnazione, maniche rimboccate all’inverosimile. Una teglia di pizza da passare a ritirare, un paio di limoni da cercare. Siamo a due passi dal mercato e sono da tempo passate le 18. Lunedì sera e le saracinesche chiuse ricordano mollezze arabeggianti, da placida cittadella mediorientale. “Dovete aspettare che apra”, dice il macellaio indicando una serranda colorata, vivacizzata da una grottesca floreale. “Ma apre?”, “Bah – fa quello buttando un occhio distratto all’orologio – a volte si, a volte no. Dipende”. Questo un milanese non lo capirebbe di sicuro. Alle sette e mezzo diamo il via alle danze. Il pavimento è lucido, Valerio ha portato anche del vino casereccio. Raisportsat trasmette una trasmissione con Tramezzani ospite. La sera plana dolcemente. Tra un po’ arriveranno tutti. Andria è trasferta vietata. Non bisogna mai rinunciare alla socialità.

Che poi, spiegare perché Andria è vietata, richiederebbe di suo una robusta digressione. Una digressione che – ne sono consapevole – annoierebbe mortalmente e puzzerebbe di vittimismo postumo. Ma siccome anche tacerne sarebbe sbagliato, non posso che sintetizzare il più possibile. Dunque. L’Osservatorio, supremo ente mistico, eminenza grigia sacerdotale che sovrintende alle nostre domeniche e alla nostra libertà di movimento, si è espresso con largo anticipo, senza menzionarci. Funziona così: ogni mattina ti svegli e consulti il sito. Quando vedi l’elenco delle partite proibite, lo scorri da capo a piedi per capire se c’è il nome della tua squadra. Se non c’è, è probabile che si possa partire. È, come avrebbe detto monsignor Casaroli, il martirio della pazienza. Ma siamo disponibili a giocare al massacro. Del resto, è il gioco di ruolo che abbiamo scelto. Insomma, dal silenzio s’arguiva che Andria-Foggia non era considerata partita a rischio. Un iniziale sconcerto ha percorso la piazza. Una serie di perché, di ma come, di come mai. Qualcuno ad ipotizzare addirittura un trappolone, modello Roma-Napoli. Ma Ticket One ha messo in vendita i biglietti del settore, si diceva. È fatta sul serio, hanno pensato gli scettici. Ed increduli si sono scalmanati verso lo sportello. Il prezzo per essere ospiti al Degli Ulivi è da omicidio seriale: 15 euro, a cui aggiungere l’euro e cinquanta di prevendita. 16,50 per una gara di C. Siamo bestie da soma, animali vivisezionabili. Qualcuno insorge, altri correggono il tiro: calmi, state calmi… è una trappola, non facciamoci provocare. Giusto, ma qualcosa andrà pur detta a coloro che considerano il Degli Ulivi un Meazza senza anelli. Fatto sta che in tanti, fin da martedì, hanno il permesso e il tagliando. Mercoledì il Prefetto di Bari è a Foggia. Non so perché e comunque non mi interessa. Andria è uno dei tre capoluoghi della Bat, la nuova provincia pugliese. Non è più provincia di Bari, quindi è altamente probabile che abbia un prefetto diverso. Eppure, giovedì mattina la notizia s’infrange sui frangiflutti dello stupore: la trasferta è vietata. Ha deciso il prefetto. Di Bari. Motivazione ufficiale: il settore ospiti non è a norma e non si può garantire la sicurezza in una partita in notturna. Altri perché, altri ma come sarebbe a dire, altra impotenza. È così e basta. Inutile trastullarsi i neuroni. È la stessa logica che vieta Potenza ai ravennati e concede Lanciano ai pescaresi. Una logica vuota di logica. Un’assenza di buonsenso che si fa senso comune. Contro la quale combattiamo da mesi, che si fanno anni.

Lo striscione fuori recita: No alla tessera del tifoso. C’è gente ovunque. Sulle sedie di plastica che s’approssimano al fuoco televisivo, in piedi nelle file più arretrate, sul divano, fuori. La curva dell’Andria sembra piena. Sapevo che avrebbero protestato contro il divieto, ma la Rai non copre l’evento. Resto dubbioso. Al fischio d’inizio molti scommetterebbero sullo zero a zero. Ma il Foggia sembra in palla. C’è una cosa che mi stupisce di questa squadra di ragazzini. L’ho già notato a Trieste e poi a Verona. È che non si fa mettere i piedi in testa. Anche in campi d’altra categoria, o dinanzi alla muraglia umana d’un pubblico ostile, o ai tranelli inevitabili di una piazza meridionale. Hanno la testa alta, questi giovanotti. E vanno giù duro, combattono. Penso che saranno amati. In fondo, gli si chiede solo quello: lottare e sudare. Nel primo tempo, vanno addirittura oltre. In una parola abusata, dominano. Tengono il campo, ripartono, portano il baricentro nella trequarti avversaria. In un paio d’occasioni sfiorano il vantaggio. Io servo Borghetti e vari miscugli alcolici. La gente mormora: “Stai a vedere che perdiamo uno a zero. Questi al primo tiro ci castigano”. E il vaticinio pessimista sembra realizzarsi nell’unica azione biancoblu, un traversone che taglia l’area per intero. L’arbitro fischia, il pari va più che bene.

Spunta un megafono e la ripresa la interpretiamo diversamente. Cori e solo cori, come se fossimo realmente al seguito dei rossoneri. Poco alla volta, la partita giocata si allontana, evapora. Sosteniamo il piccolo schermo. Il Foggia tiene. Siamo al centro del primo momento topico della stagione. Tutto è in equilibrio, col giudizio della piazza sospeso come una nube sul rasoio. Basta un golletto, da una parte o dall’altra, per modificare radicalmente l’umore di questa strana, normalissima gente meridionale. Là fuori, pensiamo, ci sono tifosi mediamente coinvolti, giornalisti beccamorti e semplici occasionali, pronti ad esaltarsi o a sprofondare. Sulla scia di un gol. Se lo segniamo, siamo dei supereroi prossimi ai playoff; se lo prendiamo, è il baratro. Torna alla mente la celeberrima diatriba sull’assoluta superiorità del risultato nel gioco del calcio. Non ci pensiamo. Il lanciacori s’assopisce per qualche istante, bisogna rialzare il morale di una platea orientata sulle reti inviolate. E nulla è meglio di un bel coro contro. Ci tornano alla mente i compagni tarantini, quelli che conosciamo bene. È da luglio che intendiamo mandargli un video-messaggio. Mi torna in mente che ho la digitale in tasca. “Aspettate”, dico. E piazzo la telecamerina sul bancone, puntata sulle piccola folla. Enzo, col megafono, fa appena a tempo a parlare: “Tarantini…”. L’immagine si fa mossa. Salgado di testa ha messo in moto Di Roberto sulla fascia. Questi è rientrato, ed ha piazzato un rasoterra in mezzo. C’è un ragazzo in maglia bianca che s’avventa sul pallone. Uno sull’altro, tensione, spasimo. Tira. Il video trema. Siamo in vantaggio. Non ci prenderanno più.

È il boato. Siamo in zona playoff, siamo uno squadrone, tutti festeggiano, la piazza impenna come su un Bravo d’annata. Io sono senza voce. Devo farmi controllare, penso, non è possibile ridursi sempre così. Gin e cocktail. Relax. Riflessione. Un secondo tempo di puro sostegno. Bravi. E mentre la città sfolla, una triste consapevolezza fa capolino come una serpe tra i rovi. Riassunta nelle parole del rancore festante: “Bravi si, però che stronzi… vincono solo quando non ci siamo”. Ci avevo pensato anch’io.

1 commento:

Oldwarrior ha detto...

ciao ragazzi. causa impegni familiari domani non potrò essere allo Zaccheria e mi dispiace molto. Mi auguro ci sia una bella partita e a voi un mesto pomeriggio sportivo :o). un saluto affettuoso a voi tutti.

Oldwarrior di Lancianoburning

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