14/10/08

Addio Stimpfl

di Lobanowski 1

Quando l’arbitro ieri, prima di Foggia-Gallipoli, con i giocatori immobili in campo come pedine di una scacchiera, ha fischiato il minuto di raccoglimento in memoria di Andrea Stimpfl, la prima cosa che mi è passata per la testa è stato l’aneddoto raccontatomi da un cugino, anch’egli tifoso appassionato dei satanelli. Di ritorno da un concorso nel Nord Est, agli inizi degli anni ’90, con il Foggia in quel periodo a dominare la B e viaggiare spedito verso la promozione nella massima serie, in treno ebbe l’impressione di riconoscere come compagno di viaggio proprio l’ex terzino e stopper dei rossoneri. Sedeva di fronte nello stesso compartimento, e proprio non riuscì a resistere, volle togliersi il dubbio.

Era lui, certo. Stimpfl si mostrò maravigliato e assieme contento che un tifoso del Foggia si fosse ricordato di lui, addirittura riconoscendolo a distanza di anni. La sua presenza in terra dauna poi non fu felicissima: una salvezza in scioltezza nel campionato di B 80-81, che lo vide in campo da titolare solo per una decina di partite. Quindi una salvezza all’ultima giornata e poi la retrocessione in C1 nelle due successive stagioni. Durante le quali diventò titolare inamovibile, pilastro della difesa rossonera. Mio cugino confessò che si era fatto aiutare da un indizio che lo rendeva riconoscibile a distanza di anni: la folta chioma riccia. E poi, vabbé, Stimpfl si sarebbe stupito molto di meno se fosse stato al corrente della passione maniacale per il Foggia di chi gli sedeva di fronte. Confessò di seguire sempre, anche se a distanza, le sorti dei satanelli, ed era contento della grande stagione che vedeva protagonista in B l’undici guidato da Zeman. Mio cugino sarebbo sceso a Foggia, Stimpfl proseguì per non so dove: quel che è certo è che scendeva da Bolzano, sua città natale.

Domenica 5 ottobre, mentre i miei compagni di curva erano in viaggio verso Pistoia, ed io confinato a casa, avevo avvertito via sms della notizia della morte di Andrea Stimpfl. A 49 anni, stroncato da una leucemia. Malattia che colpisce con una certa pervicacia molti ex calciatori. Come la SLA. Il terzino arrivò a Foggia nell’estate del 1980, prelevato dal Pergocrema assieme al mediano Frigerio. La stagione appena conclusa aveva visto i rossoneri risalire in B dopo un solo anno di C1. Durante l’estate furono buttate giù le due curve dello “Zaccheria” in tubolari Innocenti, e furono alzati i due piani in cemento armato. Per omaggiare la nuova veste dello stadio fu giocata un’amichevole contro il Flamengo. Sempre in vena di festeggiamenti, per la prima in casa contro il Varese in via del tutto eccezionale la partita venne trasmessa in diretta da Telefoggia. Rimasi a casa a vedere che effetto faceva lo “Zaccheria” in tv. Vincemmo 4 a 1. Per Tele+ c’era ancora da attendere un po’.

Io avevo cominciato già da qualche anno a frequentare con puntualità la Sud di via Dorso, assieme a Tonio e Pasquale, mie cugini più grandi. Nel 1980 avevo 9 anni: la strage di Bologna segnò l’estate, il terremoto in Irpinia l’autunno. Una bella squadra quella guidata da Puricelli, che presentava in attacco anche il piccolo e terribile Costante Tivelli. E poi Benevelli, Fasoli, Sciannimanico, Conca, Petruzzelli, Piraccini. Altri ricordi indelebili sono la maglia con lo sponsor “Pasta Tamma”, la vittoria a Genova contro la Sampdoria, grazie all’eurogol (un tempo si diceva così) di Bozzi in rovesciata, stile Piola sulla bustina delle figurine Panini. Raccolta di figurine che per noi ragazzi era una vera ossessione.

Stimpfl era un classico terzino di marcatura, che difficilmente vedevi superare il centrocampo, sempre attaccato alla maglia dell’ala sinistra avversaria. Spesso fu schierato stopper. Ma per quel che ricordo non era uno rozzo, aveva buona prestanza fisica e una certa eleganza nello stare in campo. Ma forse un po’ tutti ci facevamo fregare dalla quella folta chioma riccia che ondeggiava col suo incedere deciso. La seconda stagione di Stimpfl a Foggia la ricordo soprattutto per quella partita all’ultima di campionato contro la Sampdoria, già promossa in A, che significò salvezza. Fu una vittoria scontata ma non per questo meno sofferta, arrivata nella parte finale della ripresa, con gol di Bordon. Quella è una delle esultanze che ricordo con più emozione, nonostante ne siano passati di anni. Poi, di lì a poco, ci furono le urla estive per gli azzurri Campioni del Mondo.

L’anno successivo, stagione 82-83, retrocedemmo, in maniera inaspettata e dopo un girone d’andata che non lasciava temere il peggio. L’episodio chiave il 22 maggio, girone di ritorno. A Foggia è di scena il Varese di Fascetti. Mancano ancora cinque partite alla fine del campionato, il calendario ci dà una mano, la salvezza non sembra obiettivo irraggiungibile. Quel giorno successe di tutto: un gol annullato ai satanelli, un gol in fuorigioco del lucerino Pietro Maiellaro convalidato da Lo Bello senior. In campo scese un tifoso che provò ad assestare un cazzotto all’uomo in giacchetta nera. Piovvero accendini, monete, scarpe. Fuori fu guerriglia, auto rovesciate, incendiate, la celere costretta a sparare i lacrimogeni. Che sperimentai, senza gustare, ovviamente. Squalifica del campo e ambiente dissestato. Finì male, scendemmo in C1. Sull’Almanacco Panini, in quegli anni, si assegnava la Coppa Disciplina. Nelle tre stagioni di B il Foggia risultò sempre “non classificato”. Strano che a distanza di anni viva questa cosa con un certo orgoglio e vanto. Vuoi mettere una tifoseria vera, calda, come quella dello “Zaccheria”?

Per un ragazzetto all’epoca i giocatori rappresentavano figure quasi mitologiche: li aspettavamo uscire dalla porticina del recinto in mattoni della vecchia tribuna, durante le nostre partite a pallone nel piazzale antistante, giusto per vederli da vicino. Eravamo quasi timorosi nel rivolgere loro la parola. Niente autografi, figuriamoci. Il calcio giocato e visto (in tv e allo stadio) era per noi totalizzante, le nostre giornate in special modo estive ci vedevano sempre a giocare in strada con addosso una maglia rossonera. Ecco, in un pezzo importante dei mie, dei nostri ricordi d’infanzia, c’è anche Andrea Stimpfl.

Ieri, in curva, al fischio dell’arbitro, il nostro gruppo ha sperato calasse sullo stadio un silenzio assoluto, come quello degli stadi inglesi nei minuti di raccoglimento, un silenzio da brividi. E’ durato poco, poi è partito l’applauso. Fa niente. Addio Stimpfl, che la terra ti sia lieve.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Gran bel post. Bell'articolo uagliò. Non sapevo della storia di Stimpfl. Quella maglia, "Pasta Tamma", ce l'ho in mente anche io, ma ero troppo piccolo per associarla a nomi, giocatori e aneddoti del calcio che fu (e qui la nostalgia ci sta tutta, senza pudori). Uè, lunedì ti rivoglio in campo.

Quita

Anonimo ha detto...

Ciao Andrea guerriero di vecchi derby

Peppe 81 ha detto...

ma Puricelli è lo stesso che ha allenato il Milan negli anni '50-'60...Ettore Puricelli?

p.s. l'omino in rovesciata sulle bustine panini, non è Piola, ma Carlo Parola, terzino della Juventus

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