13/10/08

Manovra di decollo

di Lobanowski 2

Domenica 12 ottobre, Foggia-Gallipoli 1-0

Molti dicono che la Sud sia morta, che non sia altro che un ricordo dei gloriosi e mitizzati tempi andati. Molti dicono che la frattura tra le due curve non sia tollerabile, per una città da 160mila abitanti e per una tifoseria che milita – pur senza meritarlo – in Prima Divisione. Molti dicono sia tutta colpa della politica. Altri parlano di mentalità ultrà. Altri ancora lumeggiano, senza mai approfondire, biechi interessi corporativi. Io non so come stiano le cose. Di sicuro una mia idea ce l’ho, me la sono fatta. In Sud l’età media si è abbassata notevolmente, ed è un bene e un male al contempo. Facce di ragazzini un po’ ovunque, facce simili a quella che dovevo avere io a sedici anni, quando si esordiva con il Cagliari allo “Zaccheria” rinnovato. Non c’è niente di male ad essere ragazzini, anche se i grandi guardano sempre con sospetto agli scugnizzi, simbolo e sintomo di decadenza. Ai lati c’è gente che teme lo sventolio delle bandiere come un’improvvisa recrudescenza del virus ebola. E anche verso il centro le cose non migliorano. In Curva Nord ci sono bandiere ovunque e tre bandieroni. Si canta per novanta minuti. Il resto, la politica, gli interessi, la mentalità, non sono affar mio. Ma il dato resta. Eppure la Sud resta il luogo della formazione, la mia prima casa indipendente dell’adolescenza. Comunque stiano le cose, non la si può abbandonare come niente fosse. E quando canta… Quando canta ha ancora lo straordinario potere di sciogliere il sangue, come San Gennaro nell’ampolla in Duomo. La sensazione che provi quando alla tua destra e alla tua sinistra, sotto e sopra, martella l’incedere di un canto, è assolutamente assolutoria: di qualunque male soffra il malato, faremo tutto il possibile per salvarlo.

Il Foggia, con la capolista, decide di partire a testa bassa. Pressa e insiste, morde le caviglie dei portatori giallorossi, gli impedisce di riflettere. Ma quando si tratta di costruire, s’affida a traversoni insensati, che sfilano da parte a parte, innocui come coriandoli a Carnevale. Dalla destra non offrono profondità. Non si trova un solo soggetto in rossonero disposto a tentare un dribbling. Partono i soliti sproloqui individuali. Il luogo comune che Novelli debba andarsene dilaga come una macchia sulla tovaglia buona. Avevo un pregiudizio, non c’è bisogno di ripeterlo. Ma quel che ho visto sino ad oggi mi va più che bene. Guardo scettico i contestatori. Cerco di capire se sia questione di metodo, di schemi, di aspettative, di risultati. La Sud alterna attimi di imbarazzante silenzio a momenti di puro coinvolgimento. La squadra spinge, colpisce una traversa, guadagna angoli. La curva spinge nella stessa direzione, anche se non ha la costanza di rimanere all’erta nei momenti di bassa tensione. Intervallo. Buona prova per entrambe. Anche se c’è ancora da crescere. Undici, undici, undici Peroni, Noi vogliamo undici Peroni.

La Spal, come previsto, si sta imponendo in quel di Lumezzane. Quota: 3,30. Annuisco convinto e spavaldo, come un nobile interrogato su questioni fondiarie. Oggi sono intoccabile. Ho appena riscosso 197,96 euro al bottegone della Snai di via Piave. Undici partite di Qualificazione ai Mondiali, un bel sabato sera col botto. E la mano della dea bendata, che per un errore di codice ha inserito l’under 21 italiana – che non è andata oltre lo 0-0 interno con Israele – in corrispondenza dell’X2 della Francia in Romania. Un ragazzetto mi chiede del Livorno. 4-0, grida Angelo dal cucuzzolo del monte. Non ci crede nessuno, ma è la verità. I tifosi del Frosinone presenti all’ “Ardenza” hanno salutato romanamente. Ormai è sport nazionale, dilaga come lo yo-yo ai tempi. Come l’hula-hoop. È il modo più innocuo per sentire l’ebbrezza di un tabù che si infrange. Il metodo più economico per autorappresentarsi come ribelli. Come Ozzy Osburne che mangiava pipistrelli di plastica e vagava nel luna park dell’orrore, l’importante è non perdere il contatto con la realtà. Altrimenti si rischia d’apparire patetici, prima ancora che massicci. I legionari di Sofia erano quasi tutti del Nord-Est. Tra le tifoserie più compiutamente schierate a destra si annoverano, oltre a quella del Frosinone, quelle del Latina e del Catanzaro.
Sinapsi: le cascine della dolce campagna toscana, i colli marchigiani, l’Emilia, l’Umbria verde.
Il raffronto. Avete presente Rovigo? E Abano Terme? Case anonime dove il monumento principale è il vento d’autunno. Avete presente Frosinone? Quelle amene, brulle colate di cemento, quelle case una sull’altra senza nessuno stile, senza nessun rigore. Come ad Agrigento, dove pure la tifoseria è apertamente fascista. Come a Catanzaro, che non ha nulla a che vedere con Cosenza, che è un gran bel posto ed ha una fantastica curva schierata a sinistra. Dovremmo spederci di più su questo versante dell’analisi: il fascismo è sublimazione della bruttezza. L’ostentazione della romanità è frustrazione della distanza: più ci si allontana dall’ideale d’equilibrio del mondo classico, più si rivendica un ruolo che non sia quello del figlio della serva. Burini in orbace e fez. Austroungarici padani in stile boneheads. La sublimazione del brutto.

Il Foggia torna in campo deciso a giocare palla a terra. Ed è un bene. Al 3’ guadagnamo un calcio di rigore che Del Core sbaglia. Col passare dei minuti il Gallipoli si schiaccia, si assottiglia, finisce per rendersi visibile solo in altezza. Ma il nostro rigorista è perennemente in fuorigioco e non abbiamo altre soluzioni offensive se non il taglio improvviso. La Sud riprende slancio. Ora vanno gli Old Man River, plagiati dalla pubblicità Wind del 2007. Ed è una litania affascinante. Rossoneri alé, Rossoneri alé-e-o, Lalalalalalala, Lalalalalala. Ipnotica. Troianello fallisce a tu per tu col portiere avversario. Gli ultimi venti minuti sembrano alla portata del Gallipoli, che chiude ogni spazio ed occupa il campo con ordine. Invece è il Foggia a passare. Minuto 27 nella ripresa. Ancora Del Core. Adesso bisogna riflettere. A fine partita caliamo sull’amato parapetto. È una sorta di rito in anteprima, di prova generale. Domenica c’è il Sorrento, ancora in casa. Questa vittoria ci lancia al terzo posto solitario, con una difesa solidissima ed un attacco da un gol a partita. Quasi sempre decisivo. Domenica molti assenti faranno la loro comparsa stagionale in Sud. Se vogliamo tentare l’assalto al cielo, dovremo essere qui con un’oretta d’anticipo. Ma il pensiero corre già a Marcianise. Dovessimo battere anche il Sorrento, dovessero darci l’ok per seguire la squadra, saremo tantissimi. Il pesante tacchino s’alzerà da terra come un boeing della Ryan Air. Bye, Bye AirOne. E noialtri dovremo essere all’altezza dell’appuntamento. Il futuro non è scritto. E comincia adesso.

1 commento:

Anonimo ha detto...

povera Curva Sud, casa della mia gioventù

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