02/01/09

In quiete

di Lobanowski 2

Sul sito ufficiale c’è scritto: La grande famiglia dell´U.S. Foggia augura alla grande famiglia dei suoi sostenitori sparsi per il mondo un sereno 2009.
C’è qualcosa che non quadra, qualcosa che non torna.
Rileggo: La grande famiglia dell´U.S. Foggia augura alla grande famiglia dei suoi sostenitori sparsi per il mondo un sereno 2009.
Presto detto.
La serenità attiene al tifoso quanto l’abigeato alla signora Minù.
È un bene prezioso. Non discuto. L’ho sempre augurato ai miei cari. Tranne quella volta, a Casertavecchia, che c’era da scegliere tra i vasi di terracotta: allora, al ballottaggio, vinse la Felicità. Ma, per il resto, non sono contrario alla Serenità, come sentimento, come stato d’animo. Lo accomuno alle tavole imbandite, alle bevute dinanzi al camino, agli amarcord e a certe vedute da certe finestre invernali. Ma per ogni cosa c’è un tempo ed un luogo. E gli spalti di uno stadio non sono il posto adatto per simili impeti.

Un tifoso – il tifoso che sono, quanto meno – in una curva a picco sul rettangolo verde cerca slanci eroici, battaglie da raccontare, agonismo da zippare in aneddoti, sudore ad impregnare magliette bicolore, sofferenza in quantità industriali. Ci sono tifosi malinconici, introversi ed intimisti, che tremano e temono ogni appuntamento, fino a farsi mancare la voce, fino a farsi venire la febbre. Altri arroganti, sbruffoni e saccenti, che mostrano il petto alle fucilate della sorte. Ma tutti, chi più chi meno, si confrontano con l’impeto e con l’estasi, si sublimano alle prese con i tormenti e le tormente. A Cremona è stato atroce perdere, ma è stato altresì meraviglioso esserci. Non c’è campionato tranquillo, confortante mezza classifica che regga il confronto con la delusione cocente di quel ritorno a casa: siamo gente bizzarra, che baratta emozioni per pacchetti di sigarette, adrenalina per quieto vivere. La serenità, dio santo, non è neppure l’ultima delle aspirazioni. Non è proprio un’aspirazione. Vogliamo lottare, esaltarci, librarci come in un decollo. Magari cadere e rialzarci, precipitare e meditare vendetta. Ma assolutamente non sentirci sereni. È l’inquietudine il segreto del gioco.Prova ne sia che siamo a digiuno di spalti e di chilometri da quindici giorni appena. Un’inezia se raffrontata ai lunghi mesi estivi di vuoto pneumatico. Eppure è bastata una scintilla per incendiare la prateria. Una foto, un singolo scatto: il segnale stradale che indica Potenza, immortalato e pubblicato sul mio blog, poco prima di Capodanno. E la ridda di voci ansiogene ha preso il posto dell’apparente ozio da feste comandate. Come togliere il velo da certe nudità intraviste. Non vediamo l’ora. Di raccogliere adesioni, sistemare presenze e mezzi, scegliere tra il furgone noleggiato e la micro-carovana di macchine, caricare il bagagliaio di bandiere, ripeterci appuntamenti e orari e radunarci. Quando ci metteremo in moto, quando sosteremo al primo bar sulla statale, guardandoci negli occhi, avremo la certezza che nessuno, ma proprio nessuno, anela ad un sereno pomeriggio di svago.

La grande famiglia dell´U.S. Foggia augura alla grande famiglia dei suoi sostenitori sparsi per il mondo un sereno 2009.
No, ragazzi, non siamo d’accordo. Per niente.
Se proprio volete venirci incontro, impegnatevi a scuotere le nostre coronarie.
I tifosi conoscono l’alto ed il basso e sanno, più delle persone ragionevoli, che nel mezzo non c’è alcuna virtù da idolatrare.
Per la serenità c’è sempre tempo. Per l’epica, no. E noi si vive d’epica.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sottoscrivo lob2, rigo per rigo.
Come per gli auguri di capodanno: tutti ad augurare serenità ma tutti ad auspicare che le cose cambino.E no, le due cose assieme proprio non si tengono.
Dico un'eresia se affermo "meglio un'altra Cremona che un insignificante campionato di metà classifica"?
A Potenza, inquieti come sempre.

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