20/06/08

Il punto più basso, secondo contributo ad un dibattito aperto

di Lobanowski 3
Arrivammo a Massa in piena mattinata. Dopo essere partiti all’alba e dopo aver provato sulla propria pelle e sulle nostre maglie a polo quanto fosse lontano il confine tra la Liguria e la Toscana. E come fosse lunga ed interminabile l’autostrada.
La vittoria col Chieti, praticamente retrocesso dal turno dell’Epifania, aveva spianato al Foggia un’altra autostrada; quella che portava al casello della salvezza diretta. Unica condizione, non perdere a Massa, altra arrancante compagine praticamente rassegnata ai play-out.
La pendraiv con l’unica cuffia che funziona rimanda le note di Gwen Stefani e di Heartland degli U2. Decido di pensare a programmare le vacanze, visto che siamo alla penultima di campionato. Ma la pianificazione estiva naufraga, sopraffatta dal pensiero di Germania-Costa Rica il 9 giugno. I mondiali, il futuro, il prossimo obiettivo dopo la salvezza del Foggia.
Credo di aver pensato tanto, ma è solo finita Heartland e il cartello verde dell’autostrada dice impietoso Grottaminarda. Zarriello ha il portatile ma non la connessione ad internet... O meglio ce l’ha, ma per ora non si può usare. Servirà per trasmettere i pezzi del dopo partita. Firenze pare irraggiungibile e quando ci arrivi pensi di essere a Capo Nord. E’ la voglia che manca, alla fine stai andando a prendere solo la più anonima certezza d’esserti salvato.
C’è lo svincolo per La Spezia, poi si esce a Massa. Non c’è Carrara, non è come alle elementari quando ti facevano ripetere in maniera pappagallesca Firenze, Arezzo, Grosseto, Pisa, Pistoia, Lucca, Massacarrara. Eppure io la Carrarese sull’album Panini me la ricordo. E mi piaceva pure lo stemma. Città sonnecchiante di domenica mattina. Pioviggina, poi piove con maggiore decisione.
E trovare un ristorante nel centro di Massa risulta davvero difficile. Ne troviamo uno lussuoso, spocchioso e con certi vini scritti su una carta che sembra pergamena. Sarà contento l’editore di questa mazzata sul budget. Continua a piovere, mentre si raggiunge l’auto. Fa caldo, caldo umido.
Uno sbirro mi perquisisce all’entrata; devo aprire la borsa col mio portatile, mentre il fotografo che è accanto a me guarda ironico quel controllo, mentre ha tra le mani un trepiedi di ferro. Uno di quelli che ha fatto male, male davvero a Berlusconi in Piazza Navona la sera di Capodanno. Lo stadio di Massa ha due anelli. Uno inferiore, chiuso, col gabbiotto. Mi sistemo là, al piano di sopra si è praticamente in tribuna. Dove, sempre praticamente, non c’è quasi nessuno.
Le curve sono un paio di gradoni che abbracciano la pista di atletica. Ci sono tantissimi tifosi del Foggia. In netta minoranza i supporters bianconeri.
Ecco. Per me Massese-Foggia è il punto più basso. Non so neppure spiegare bene il perché. Immagino che sconfitte come quella di Nola, di Sant’Anastasia o Castrovillari siano state peggiori. Ma una partita così brutta come a Massa, io non l’ho mai vista. Si prende gol dopo neanche un minuto. E non si tira in porta mai. Ma proprio mai. E il bello è che non lo fa neppure la Massese. C’è gente che dà le spalle al campo, mentre la partita è solo una sequenza ininterrotta di rimesse laterali. Finisce con i tifosi del Foggia che rincorrono i giocatori. Si infilano nel sottopassaggio, sfuggendo al contatto fisico. Non volevano le maglie, volevano semplicemente sapere perché tutta quella strada in cambio di un simile scempio.

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