28/09/08

Il dramma della bandiera

di Lobanowski 2
Domenica 28 settembre, Foggia-Juve Stabia 1-0
È riesplosa la guerra di mala. Le sirene delle volanti sono acuti su via Onorato. Direzione Porta Manfredonia. Le teste dei passanti come pinguini, a seguire le scie luminose. Sei colpi, di cui quattro a segno su un anziano fermo al chiosco della frutta. Il trillo del cellulare. Antonio. In città gira una voce… Pare ci sia Zeman al Bar Cocozza a piazza Padre Pio. La vita è fatta di priorità. Il mito galoppa. C’è gente da ogni angolo della città che converge sulla zona sensibile. L’altra è transennata. Ma, in tutta onestà, interessa meno. C’è il Boemo, garantisce vox populi. Starà sorseggiando un caffè. Chissà se lo prende amaro? La vita con lui non è stata una stecca di liquirizia, c’è da ammetterlo. Lampeggianti. L’edizione del tg di Telenorba. Obiettivo dell’agguato, un noto pregiudicato di 21 anni. Noto. A ventuno anni. E c’è da scommettere che anche i sicari non fossero più anziani di lui. Novelli si gioca il posto. Non ci vuole la sibilla per capirlo. Un passo falso interno e la tagliola scatterà implacabile attorno alle sue caviglie sottili. È morto Paul Newman. L’Everton si è piegato allo strapotere del Liverpool. Nella tribuna del “Goodison Park” le due tifoserie sono mescolate. L’immagine di una bimba bionda con la maglia dei reds, sulle spalle del papà festante. Antonio mi fa: ti piacerebbe? Non lo so. Sono dell’idea che i bambini debbano frequentare gli stadi, ambientarsi il prima possibile. Con la stessa precocità che è valsa per me. Ma sono cresciuto con l’idea del settore ospiti, delle staccionate, dei reticolati invalicabili, delle trasferte calde da affrontare come una guerra di nervi. Sono combattuto. A sera si spara ancora. Stavolta viene abbattuto un boss. Il Barcelona espugna l’Olimpico e si aggiudica il derby con l’Espanyol. Teleblu fa lo speciale: mostra l’auto elettrica del presunto pezzo grosso crivellata di colpi. E poi Raitre, Raiuno nel tg della notte.
Stamattina siamo su tutti i giornali. Canale 5 parla dell’omicidio, avvenuto nei pressi di un chiosco di bibite. Le immagini vanno da un neon all’altro. Raidue, alle 13, fa altrettanto e si spinge oltre, fino al tentato omicidio di martedì sera, allorquando due ragazzine sono rimaste ferite di striscio dai colpi sparati da un killer. A Parco San Felice. Un paio da proiettili vaganti. Nei pressi di un chiosco, garantisce il corrispondente. Un chiosco, due, tre. Chi osserva Foggia dallo spiraglio che i media hanno aperto sulla nuova guerra di mala, avrà la motivata tentazione di credere che qui ci siano solo chioschi. Che ce ne siano a bizzeffe, che facciano da fulcro della vita sociale. Mi tornano alla mente le chiacchiere di qualche settimana fa: Ultras, gente di chiosco. Ad ogni modo Ceska, nel percorso da casa allo “Zaccheria”, appare restia a fermarsi da Salvatore. Impressione, suggestione. C’è vento e minaccia pioggia. Ma l’estate appena seppellita ha lasciato uno strano strascico di nostalgia, di incertezza. Ci si veste a dovere, ma si teme il caldo. Un tepore rivierasco che potrebbe spuntare, come l’araba fenice, dalle rovine dell’apparente autunno. Come Zeman ricompare a fasi alterne alle ceneri della città sotto assedio. In curva ci sono ampi spazi vuoti. Mattia ha bucato l’appuntamento delle 12:30 (e pure quello delle 13:40) ed è in cerca del biglietto. Jordan ha portato solo la bandiera dell’Angola. Scatta il dramma. Sono in alto e non ho nulla da sventolare.
La Juve Stabia, in maglia bianca e senza tifosi al seguito, scende in campo con lo stesso atteggiamento della Cavese. Con ogni probabilità, lo zero a zero l’accontenterebbe. Io sono sulla stessa lunghezza d’onda, più o meno. Se non puoi batterli, almeno evita di prenderle. In porta c’è Brunner, l’ex di oltre quattordici anni fa. Quando ci viene sotto ci scambiamo uno sguardo complice: Ancora qui? Ancora qui. In centro ci sono voci, stendardi e bandiere. Ai margini sembra di essere ospiti ad un inatteso talk-show. La fanzine della curva incita a sostenere la squadra, a gettare il cuore oltre l’ostacolo, a partecipare allo svolgersi dell’azione come se si fosse in campo. Che non è la stessa cosa di vedere la partita. Chiede di innalzare sciarpe e bandiere. Io guardo il centro del settore, in alto, per controllare il vessillo angolano. Jordan mi comunica a gesti che l’asta si è autolesionata. Il Foggia preme disordinatamente, sotto la Sud. Conclude in porta un paio di volte, pericolosamente. Ceska, sopra di me, sembra un alpino di guardia alla polveriera. E dall’alto guarda giù, verso le schiere di adolescenti intenti a scavalcare i cancelli. Mi basta allargare lo sguardo per capire che non è la sola. Sono in tanti quelli che, già alla mezz’ora, hanno smesso di fissare l’appesantito manto verde, e si concedono distrazioni da Real Tv. La tensione cresce, fino al climax. Poi il ragazzino atterra all’interno, senza essersi fatto un graffio. E si torna a guardare il campo. Strane popolazioni abitano queste lande estreme – nordiche – della curva. In mezzo ci mettono il cuore e i polmoni. Il primo tempo scivola via.
La serie C1 – o Lega Pro – che sto vedendo quest’anno, mi ricorda molto da vicino le vecchie maniere che tanto danno da borbottare ai vecchi. Le bolge del girone meridionale, i campi da cui esci col carattere e coi nervi, più che coi piedi buoni e la tecnica. Nell’intervallo raggiungo Mattia, chiedo che ne è stato della bandiera, che l’ho vista poco o niente, che almeno se l’avessi avrei qualcosa per sentirmi utile alla causa. Mi risponde, da burocrate del basso impero, che il titolare è assente causa impellente birra e che nondimeno s’informerà. Che mi farà sapere, insomma. Il Foggia scende in campo più determinato, ma è una fiammata. Jordan mi guarda e sventola. Le speranze di ottenere l’agognato oggetto del desiderio s’allontanano. A destra le popolazioni nordiche rumoreggiano. Le critiche montano, diventano gratuite e moleste. La fronda si compone come niente. Qualcuno chiede la testa di Novelli – anche il fedelissimo Lello, che aveva giurato incondizionata fedeltà al mister al Porto Viejo di Barcellona – altri fischiano pesantemente Salgado, svogliato ed inutile come non mai. Se ci fosse il ds Di Bari direbbe che i foggiani – per via di ciò che sappiamo – sono un pubblico di bocca buona. E non vanno contraddetti. Intanto sono più quelli che in curva ci vanno per criticare che non quelli che, bontà loro, continuano a sostenere. Così non va.
Poi il miracolo: Mattia squarcia la quasi notte dello “Zaccheria”. Proviene da ovest. Porta seco la bandiera. Il vento e l’asta spezzata la gonfiano in maniera irregolare. Un vicino di posto si muove troppo rapidamente e rischia di prendere bastonate. Bisogna fare forza, ma alla fine ce la si fa. Con i drappi, con la vita, con la Juve Stabia. Il principio è lo stesso. Tocco di mani in area. L’arbitro ci pensa. Il pubblico rumoreggia. L’arbitro ci ripensa. L’azione prosegue per inerzia. Il pubblico urla che è uno scandalo. L’arbitro fischia. Rigore per noi. C’era, era netto. Portiere da una parte, palla dall’altra. Uno a zero. Volevano fare la Cavese, e la Cavese hanno fatto.

PLAY: It's all here where I keep it, It's all in the submarine, It's all a lot less frightening, Than you would have had it be, Rem, Sing for the submarine

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